
I momenti di grande tensione e di scontro tra editori della Radio non sono mai mancati nei decenni sul tema delle indagini di ascolto. Sin dagli anni ’80 di ISAR e poi di AUDIRADIO, che pure fallì, per poi passare a RADIO MONITOR e a TER, i consessi di gestione della ricerca ufficiale hanno sempre riportato cronache di ostilità. Più o meno pubbliche e alla conoscenza dei più perché avvenute all’interno di CdA o di riunioni del comitato tecnico.
Oggi siamo tuttavia in un passaggio epocale, differente dai precedenti, al punto che gli scontri si palesano ben al di fuori del perimetro degli organi di TER e trovano perfino la necessità di esprimersi attraverso comunicati stampa e/o ribattute con interviste più o meno pilotate. Il percepito è dunque di contesa ma anche di confusione che è il peggior nemico per scelte e decisioni che devono assegnare al mezzo Radio in Italia lo sviluppo più innovativo e competitivo.
La competizione commerciale al mezzo Radio
Non riassumo per brevità tutti i punti di forza e i dati di supporto che sul blog, ma soprattutto sul mercato, sono quotidianamente promossi da me ma in prima linea da tutte le migliaia di professionisti del marketing e commerciale di emittenti e concessionarie di pubblicità Radiofonica che incontrano clienti e agenzie a livello nazionale o locale. I convegni di RadioCompass degli ultimi anni sono in questo senso un emblema straordinario. La Radio è in salute!
Tuttavia la concorrenza sugli investimenti pubblicitari è feroce e, aggiungerei, alquanto subdola. Dal mondo digitale Google, Facebook ma anche tante altre entità attaccano con pervicacia i budget del mezzo Radio. E lo fanno con la forza di chi può documentare in tempo reale i contatti realizzati con i consumatori, la tipologia della relazione instaurata e mille altre diavolerie. Talora si tratta di dati che nessuna parte terza controlla e certifica. E i casi di frode esistono…

Nessun Radiofonico, dico proprio nessuno, ribatte nel merito metodologico dell’offerta digitale, nemmeno utilizzando le linee guida che la stessa UPA ha stabilito per le proprie aziende investitrici nel mondo della pubblicità. Anzi, alcune realtà Radio hanno pensato di integrare la loro offerta commerciale con quella digitale di altre entità senza tuttavia prima aver provveduto a una verifica e revisione non solo dei listini ma proprio delle stesse metriche dei nuovi media.
In altre parole, e questo è il punto, la Radio come mezzo nel suo complesso non solo non si difende commercialmente, non solo non entra nel merito delle metriche avversarie contendendole, ma almeno al momento rinuncia perfino a rispondere all’attacco digitale innovando la propria ricerca. Francamente ciò è qualcosa che somiglia a un suicidio. Consumato non su un mezzo in agonia ma anzi in salute e con decenni in prospettiva di crescita potenziale.
L’obiettivo comune e la rilevazione elettronica
Da un punto di vista razionale l’obiettivo numero uno è che la ricerca ufficiale qualifichi ulteriormente il mezzo nella ricchezza e nella differenziazione dei suoi comparti: quello pubblico, quello nazionale e quello locale. La priorità oggi per l’obiettivo è certamente la rilevazione elettronica, l’unica in grado di fornire dati accurati, rapidi e oggettivi. E grazie alle innovazioni metodologiche degli ultimi anni i benefici di tale modalità ricadono su tutti e 3 i comparti.

Per chi volesse approfondire la conoscenza della rilevazione elettronica anche attraverso alcune interviste esclusive posso volentieri ricordare alcuni articoli pubblicati su questo blog. Riflessioni sul meter per la Radio, con intervista a Jay Guyther, il padre del PPM, il Portable People Meter negli USA. La rilevazione Radio alla prova del meter, con intervista a Martin Weber, senior manager della ricerca in Svizzera che utilizza la rilevazione elettronica dal 2001.
I contrari, prevenuti o nichilisti?
Purtroppo ci sono resistenze da parte di alcuni soci di TER. I rappresentanti delle associazioni e delle aziende che siedono nel CdA sono più preoccupati della loro fetta che della torta, quella del totale degli investimenti pubblicitari sulla Radio. Il timore è che il cambio di metodologia favorisca altri. Alcuni soci hanno partecipato alle sperimentazioni sulla rilevazione elettronica nel passato e credono di conoscere già il vantaggio o lo svantaggio per la propria stazione.
Si tratta di prevenzione anche perché le metodologie per la rilevazione elettronica si sono evolute nel frattempo. Insomma, dopo decenni di una ricerca completamente basata sul ricordo di ascolto con la metodologia CATI si teme di perdere il proprio vantaggio. Il che può far anche ragionevolmente esprimere il dubbio che i prevenuti non siano sicuri del valore della propria emittente nel momento in cui la rilevazione si concentri solo sull’ascolto reale…
Oppure è più semplicemente un calcolo sbagliato? Il nichilismo è una grave malattia. L’antidoto è una visione alta anche nei conteggi apparentemente più semplici. Lor signori contrari verifichino meglio l’area sottesa dalla loro fetta prima e dopo, con torta estesa oppure più semplicemente salvaguardata e non ridotta. Il calcolo per cambiamenti di questo calibro non deve poi riguardare l’intervallo fino a domani mattina ma un periodo di almeno 3 o 5 anni.

E dire che prima delle posizioni dei prevenuti e dei nichilisti l’AGCOM si è espressa chiaramente sulla rilevazione elettronica, e anche sul coinvolgimento diretto di UPA e del mondo della pubblicità nella ricerca ufficiale di TER. L’atteggiamento di RAI sembra l’unico responsabile verso i richiami istituzionali. Ciò che RAI chiede al minimo a TER non è la trasformazione totale e immediata ma un percorso di introduzione progressiva della rilevazione elettronica.
I missili anti-missile
RAI RADIO verso la rilevazione elettronica comunque andrà, con o senza TER. E lo ha affermato nello spirito di rispetto per gli attuali accordi che non permettono a un socio di TER di divulgare i dati di una ricerca quantitativa diversa da quella ufficiale. Il fatto che si tratti di una guerra e non di una semplice battaglia è testimoniato dall’uso delle armi sul campo. Si tratta di missili veri e propri che si ergono dal lato degli oppositori alle richieste di RAI RADIO.
L’ultimo lancio è di Paolo Salvaderi, che è l’amministratore delegato di RADIO MEDIASET, il primo gruppo Radiofonico in Italia. Durante un evento ha sottolineato la contraddizione della posizione di RADIO RAI. Da un lato promuoverebbe il meter e dall’altro si opporrebbe “allo svecchiamento della Cati contrastando l’ampliamento della quota di cellulari utilizzati per le interviste su cui si basano le rilevazioni”. Un missile, forse, dalla forma di boomerang.
L’accostamento dello svecchiamento della CATI a un nuovo equilibrio tra telefonate a numeri mobili e fissi è veramente ardito. Ciò dovrebbe migliorare il raggiungimento delle persone. E’ noto che il problema principale segnalato più volte dai 2 istituti che lavorano per conto di TER è invece nella disponibilità all’intervista delle stesse. Nel mondo della saturazione di telefonate da ogni call-center possibile le persone si proteggono. Chiudono la chiamata, anche di TER.

C’è da dire che con questa affermazione Paolo Salvaderi ha tuttavia fugato ogni dubbio sulla sua possibile appartenenza al gruppo dei prevenuti. Il dato della AQH Share delle sue 4 Radio nazionali addizionate di RADIO SUBASIO nell’anno della prima introduzione di maggiori telefonate ai numeri cellulari è caduto dal 18,98% al 17,65%. E’ una flessione del 7%, magari dovuta da altre ragioni. E’ sintomatica tuttavia di proposte per il settore al di fuori di interessi del suo gruppo.
Il briefing di TER
Oltre ai missili anti-missile sono in campo anche i cosiddetti dissuasori per proteggersi dall’offensiva metodologica di RAI RADIO palesata con convinzione e chiarezza dal suo direttore Roberto Sergio. Il compito di questi strumenti di guerra è quello di far esplodere il missile a una distanza di sicurezza dal suo bersaglio. E’ un tentativo di spostare l’attenzione dell’attacco altrove. E gli interpreti in questo caso sono il Presidente di TER e larga parte del CdA stesso.
Prima dell’estate TER ha emesso un briefing agli istituti di ricerca chiedendo loro di proporre metodologie innovative per due rilevazioni aggiuntive, una qualitativa e una passiva. Chiamare la rilevazione elettronica come passiva è il primo dissuasore inaccettabile. Perché non la chiamiamo rilevazione della realtà di ascolto e non del fallibile e mero ricordo? Suona meglio. Peraltro il ricordo necessario è doppio quando si tratta di costruire il giorno medio.
Chiedere poi agli istituti proposte per “orientare scelte editoriali e/o di marketing” delle singole stazioni è troppo. Non un dissuasore, solo una confusione. Inserire aspetti qualitativi di ricerca in una quantitativa ufficiale è sbagliato prima di tutto sul piano della pari competizione. Ogni emittente deve essere libera di svolgere analisi ad hoc sulla base della propria specifica area di copertura e affidandosi alle competenze interne ed esterne di sua esclusiva fiducia. E non a spese di tutti.
La sensazione è che si crei in questo modo una forma di ricerca qualitativa di “regime” solo perché gode il beneficio dell’accesso diretto al panel di ascoltatori. Non siamo in dittatura. Libertà di ricerca qualitativa. Diverso sarebbe il caso se nella qualitativa si approfondissero aspetti utili alla promozione del mezzo oppure al profilo di consumo degli ascoltatori, cosa che avviene già nei Paesi che vantano quote sugli investimenti pubblicitari superiori alle nostre.
Sarà utile seguire con attenzione, con molta attenzione, i lavori di TER delle prossime settimane…