La Radio è Aria, e per almeno 2 motivi. Il primo è che si diffonde attraverso l’Aria, le onde Radio verso i ricevitori FM sono ancora oggi l’indispensabile e libero sistema distributivo, e il secondo è che trasmettendo audio e non producendo immagini stimola l’immaginazione, un vento prezioso che alimenta il presente e il futuro delle persone. C’è dell’altro. La Radio è una forma di comunicazione vivente tra una stazione e un individuo, un servizio pubblico a libero accesso, gratuito e aperto, che offre agli ascoltatori il benefit del contatto con il/un mondo. E ancora. E’ una forma di comunicazione uno a molti. Radio Broadcast = (Aria Pubblica + Servizio Gratuito) x (Molte Stazioni x Molti Ascoltatori). Semplicissima equazione, documentata, assodata, approvata dal metodo sperimentale su miliardi di persone nel mondo, tutti i giorni. E’ abbastanza chiaro, non trovate?

E poi arriva la cultura web dell’audio e dello streaming che nasce per soddisfare una esigenza differente da quella Radio ed è l’auto programmazione della musica, un valore di entertainment se non a sua volta di cultura nella vita degli individui.

E’ tuttavia un’esigenza parallela che molti francamente un po’ ottusi si ostinano a non concepire come non solo compatibile ma perfino complementare e certamente non ostile a quella della Radio. La prova è che spariscono proprio fisicamente iPod, Lettori MP3, Mini-Disc, CD Player, Registratori a Cassetta, Walkman e Giradischi ma non ricevitori Radio FM che anzi, grazie in particolare al device AutoRadio, crescono sensibilmente di presenza e di diffusione. La Radio è presente con un ricevitore FM anche nella maggioranza degli Smartphone al mondo (Android e Windows Phone) e non soffre di compresenze digitali dagli streaming service che pure cercano di imbellettarsi con la parola Radio non presentandone però alcuna delle caratteristiche fondamentali e riconosciute dagli ascoltatori; il Broadcast Radiofonico non a caso è cresciuto di ascolto sia ai tempi della pirateria di Napster, basata sui file, che in quelli di Spotify, basata sui numeri. Nulla da temere.

Tuttavia il credo che l’auto programmazione della musica, la creazione e fruizione di canali musicali, possa fermare la crescita della Radio è un tam-tam presente; a me sembra più un rito voodoo dei gufi digitali che un pensiero strategico creativo o razionale. La mia percezione è che gli streamer musicali e i podcaster last-minute, un po’ come accadde nel 2000 al tempo della clamorosa esplosione della bolla finanziaria del WEB, pensino che il tempo disponibile delle persone tenda a infinito. Fortunatamente stiamo uscendo sia pur progressivamente dalla crisi economica peggiore dal dopoguerra e nel frattempo le persone hanno necessariamente cercato e appreso nuovi equilibri nel “value for money” e nel “value for time”. Sono molto più consapevoli nell’impiego sia dei propri soldi che del proprio tempo. E investono più soldi in concerti che nella musica. E investono più tempo nella Radio che nei canali musicali sul Web. Per ragioni assolutamente congruenti e parallele. Il parallelismo tra Radio e Musica ritorna, senza vinti e nemmeno vincitori.

Non vi è dubbio che i Broadcaster della Radio che hanno molto potere e che non dovrebbero mai dimenticare di detenerlo e usarlo al meglio non hanno ancora sviluppato presenze sul Web significative almeno nel business. Parliamo economicamente di spiccioli praticamente tutti devoluti in costi e di metriche di ricavo ancora assolutamente primordiali. Però bisogna esserci sul Web, si dice.

Insisto nel sostenere che la più grande contraddizione di un Broadcaster sia quella di diffondere canali musicali sul WEB oppure canali video di soli clip. La Radio è un essere vivente e una marca Radiofonica farebbe bene a ricordarselo quando viene saltata la staccionata tra Broadcasting e Web. Meno canali ma vivi, condotti magari limitatamente ma presenti, in diretta.

Il panorama concorrenziale di canali musicali e di fruizione audio sul WEB è sconvolgente. Se è vero che la platea è il mondo replico che la concorrenza è l’universo. Ed è concorrenza border line, bottom line, upper line, side line, di tutto e di più. Da aggregatori, dall’interno di streamer, da singoli, dalla qualsiasi. Brand originali e copie delle copie, canali personali con Brand non assolutamente ammissibili, canali spontanei e molto altro. Suggerisco sempre a chi investe in start-up Radio, dunque non semplici canali, di considerare che la concorrenza in FM è certamente gestibile, specie se si entra nel settore sull’alto profilo del pubblico o su ambiti specifici ancora disponibili; meglio affrontare in molti casi prima il Broadcast e affrontare con quella cultura anche il Web e le altre estensioni. E il valore delle frequenze ha oggi il miglior rapporto tra investimento e potenziale ritorno di sempre. Non sempre vengo ascoltato e purtroppo ottengo ragione a cose già fatte e perdute per chi comincia solo sul digitale.

La sfida della Visual Radio mi sembra molto interessante con risvolti che ovviamente possono estendersi da quelli sul WEB a quelli più interessanti che sono dati… dalle gravi difficoltà dei Broadcaster televisivi locali che hanno inseguito in Italia modelli di affitto del tempo per televendite e che oggi si trovano con brand e fruizioni oltre che con fatturati ovviamente al lumicino. Lì esistono metriche di ricavo che possono essere ancora interessanti se gestite dalla Radio verso la specificità del mezzo televisivo, qualificando il nostro come il mezzo fulcro degli altri investimenti pubblicitari locali.

Sto partecipando a riflessioni su questo tema e non nego che assai piacevolmente riscontro soluzioni creative in fase di progetto per l’offerta al pubblico nel parallelismo di emissione Radio e TV che fanno anche superare il rispetto assoluto dell’immaginazione di chi ascolta a vantaggio di innovazioni, idee, estensioni, servizio e creatività. E’ un tema di sviluppo quindi valido a condizione di accedere a canalizzazioni TV basse e dunque rilevanti.

In effetti è bene non dimenticarsi proprio mai un principio di base: la miglior tecnologia è il contenuto…

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