Si è svolto un Web-Meeting sulle donne e la Radio aperto a tutti, operatori e studenti del mezzo. Marta Perrotta ha accettato di co-condurre l'evento. E qui sintetizza le evidenze del tema condiviso con i partecipanti. Grazie Marta, contributo eccellente!

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Lo scorso 15 dicembre 2020 si è svolto un altro dei Web-Meeting organizzati da Claudio Astorri e aperti alla partecipazione libera da parte di operatori e studenti del settore Radiofonico. Dopo “I Contenuti Locali” del 28 luglio e “La Radio e i Giovani” del 1° settembre è stata la volta di una tavola rotonda su “La Radio e le Donne”. In entrambi i casi si sono presentate decine e decine di partecipanti. Bella impressione vedere così tanti e qualificati colleghi della Radio tutti insieme nello schermo.

La conduzione di un web-meeting è soprattutto moderazione. Occorre prima di tutto accertarsi del diritto di espressione di tutti i partecipanti verso il tema scelto. Per quello su “La Radio e le Donne” ho potuto contare sulla co-conduzione di Marta Perrotta. Grande esperta e ricercatrice del mezzo, professore dell’Università degli Studi Roma Tre in cui è anche direttrice della omonima Radio, Marta ha trasmesso nell’incontro dati, stimoli e considerazioni di grande interesse. E poi, qui di seguito, ha anche sintetizzato i contenuti sul tema, anche per chi non ha partecipato…

La sintesi del web-meeting sulla Radio e le Donne, a cura di Marta Perrotta

Analizzare il mezzo Radiofonico sotto la lente d’ingrandimento del genere femminile è un’impresa che non può dirsi avviata se non si considerano almeno due aspetti della materia. Da una parte il livello della fruizione del mezzo da parte delle donne, che almeno in Italia in base ai dati TER degli ultimi anni sembrano ascoltare la Radio meno rispetto agli uomini. Dall’altra quello della emissione, guardando alla presenza delle voci femminili ai microfoni delle emittenti pubbliche e private.

La sotto rappresentazione delle donne in Radio (al microfono o nel backstage produttivo) è un dato abbastanza evidente nella ricerca internazionale, soprattutto nell’analisi diacronica del broadcasting. Scopo di questo Web-meeting è provare a fare una fotografia dell’esistente, cercando di contare quante sono effettivamente in Italia le donne al microfono e in posizioni apicali nelle aziende Radiofoniche. Per poi affrontare un aspetto più storico, guardando l’impiego delle voci femminili in Radio, che ha radici più profonde dall’avvento del broadcasting nel secolo scorso. Sono aspetti che vanno considerati insieme.

Le donne nella Radio

La Radio è il luogo dove le donne potrebbero essere maggiormente libere da condizionamenti, perché l’aspetto fisico conta meno e contano più le doti del parlato. Oltre che la capacità di intrattenere con la voce e di essere un accompagnamento e un contenuto significativo per chi ascolta. Ci sono tantissimi percorsi per studiare questo argomento. Partiamo dalla fotografia dell’esistente, contando quante donne sono al microfono al momento in Italia nelle Radio nazionali, escludendo dal conteggio la composizione delle redazioni giornalistiche.

La percentuale delle donne al microfono non arriva al 50% in nessuna emittente Radiofonica italiana presa in esame, con un variazione che va dal 18,8% di M2O al poco meno del 40% di Radio Capital.

Nota metodologica: le fonti sono siti web delle emittenti considerate. Sono stati conteggiati i conduttori e le conduttrici presenti nel sito con schede o dichiarati come tali nel palinsesto. Dove non è specificato o dove c’è un’alternanza si è preso per buono il dato della programmazione della settimana dal 7 al 13 dicembre 2020. Sono state escluse le voci delle news.

La rappresentanza femminile nella conduzione Radiofonica è deficitaria

Già da questo possiamo arrivare a dire che nel panorama nazionale Radiofonico la rappresentanza femminile in conduzione è deficitaria. Potremmo allargare il panorama considerando anche i lavori di backstage, i lavori creativi, tecnici, commerciali, di marketing, ma questi dati sono più sommersi. Comunque è evidente che al microfono nella maggior parte dei casi lo speaker è uomo. I ruoli apicali nel management, nella direzione editoriale, nella direzione dei programmi e artistica i nomi sono limitati.

Mi vengono in mente Lucia Niespolo di Radio Kiss Kiss, Alessandra Scaglioni caporedattore di Radio 24, Federica Gentile direttrice artistica di Radio Zeta. Barbara Rossetti a Radio 105, Simona Sala, direttrice dei giornali radio della Rai e Paola Marchesini, direttrice di Rai Radio 2. In ambito locale si possono aggiungere altri due casi interessanti come quello di Daniela Benvenuti, responsabile musica di Radio Globo, Michelle Marie Castiello, editrice di Radio Incontro Donna.

Questo conteggio è realizzato contando coloro che figurano come speaker/conduttori nella pagina web dell’emittente in questione o che sono indicati come speaker nel palinsesto che si può fruire online (7-13 dic 2020). E’ un dato molto viziato dalle presenze sporadiche dentro le Radio. Andrebbe effettivamente ponderata la presenza in base al tempo in cui le stesse voci sono in onda. Il dato di M2O, ad esempio, soffre della presenza di un numero elevatissimo di dj maschi, che hanno un peso relativo poi sulla programmazione e sul microfono.

I riscontri dei partecipanti al Web-Meeting

Anche tra i partecipanti al Webmeeting ci sono stati riscontri rispetto alla minor presenza di donne rispetto agli uomini nelle compagini Radiofoniche locali. E’ un dato che è stato riportato sottolineando però che a volte ci sono pregiudizi verso le donne, altre volte non si tratta di scelta editoriale ma di “semplice” carenza di voci femminili. Altra osservazione utile a commento dei dati presentati è stata quella che segnalava come siano sempre più utilizzate in conduzione coppie di voci maschio/femmina. E’ una cosa che in qualche modo vizierebbe il dato della presenza di voci femminili, ipotizzando che sarebbero ancor meno se non ci fossero le coppie.

Un ulteriore elemento di riflessione è stato portato da una speaker che ha avallato la teoria che il minor impiego di voci femminili al microfono sia giustificato dalle direzioni editoriali. talora si considera che agli uomini, che ascoltano in prevalenza la radio, piaccia essere intrattenuti in prevalenza da voci maschili. Con l’avvento della Visual Radio e di tutte le strategie promozionali ad essa legate questo aspetto è stato mitigato, ma a svantaggio delle competenze più specifiche della conduzione Radiofonica. La quale è e dovrebbe rimanere primariamente una conduzione in cui la voce e la personalità comunicano più di ogni altro aspetto.

La correlazione tra voci al microfono e ascoltatori

E’ molto difficile operare una correlazione tra voci al microfono e chi è in ascolto, e non è assolutamente detto che le Radio che hanno più donne in voce siano ascoltate più dalle donne. Non esiste nessuna certezza o risposta in tal senso. Quello che ci si può limitare a osservare è questo sbilanciamento, pur immaginandolo ponderato, è stato evidente dall’inizio dell’era del broadcasting. Ciò è riscontrato in molti dei Paesi che ne sono stata la culla culturale e produttiva, Stati Uniti e Gran Bretagna.

Fin dagli anni Venti del secolo scorso le aziende di broadcasting hanno impiegato sia uomini che donne, relegando però queste ultime in ruoli autoriali o produttivi e raramente in conduzione per un sostanziale pregiudizio sulla loro inadeguatezza al microfono. La Radio è nata fatta da uomini, che sostanzialmente giustificavano la scarsa presenza della donna con motivazioni legate alla presunzione che il pubblico non gradisse la sua presenza.

Su un giornale del 1924 si legge l’opinione del direttore di una Radio di Pittsburgh: “Poche donne hanno voci con una personalità distinta”. Sullo stesso giornale nel 1926 un altro addetto ai lavori afferma: “L’impopolarità delle voci femminili in Radio risiede nel fatto che hanno troppa personalità”. Le motivazioni che si adducono al disprezzo delle voci femminili sono non solo contraddittorie, ma anche molto fantasiose. Chi sostiene che abbiano voci troppo acute, che irritano gli ascoltatori.

Chi sostiene che parlino troppo velocemente, che enfatizzino troppo parole non importanti, o che vogliano sedurre parlando in modo bello. Addirittura si diceva che i microfoni non fossero in grado di esaltare le caratteristiche delle voci femminili, per colpa delle donne stesse. Ad esempio, un documento dei Laboratori Bell del 1927 sosteneva che le caratteristiche del linguaggio delle donne non si fondevano con le caratteristiche elettriche delle loro apparecchiature.

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La discriminazione iniziale sulle donne in Radio

Ciononostante le donne erano presenti in ruoli di backstage, in ruoli creativi, di produzione, ma non al microfono. Le uniche che ci hanno provato sono state Gilles Borrett (BBC) e Elsie Janis (NBC), licenziate poco dopo aver iniziato. Borrett era una donna sposata, che ha lavorato prima come annunciatrice e dopo come giornalista per le news. In tre mesi di prova riceve una quantità infinita di proteste, anche da parte di donne. Si pensava fosse inappropriato per una donna sposata ricoprire un ruolo maschile. Janis era attrice comica e imitatrice, unica donna fra 27 annunciatori de NBC.

Fu costretta a lasciare sempre a causa del pregiudizio sessista che non vedeva appropriato per una donna parlare alla radio. La terza donna che ci ha provato in questo panorama maschile è stata Mae West, attrice cinematografica, bannata nel 1937 dalla Radio per 12 anni. Il tutto per uno sketch (https://www.youtube.com/watch?v=cG6IQfeRelE) Radiofonico famosissimo, in cui lei interpreta Eva e dice una battuta allusiva, non scritta da lei, che crea un caso che scomoda la FCC (Federal Communication Commission).

E’ stata ricordata durante il Webmeeting la figura di Mary Texanna Loomis, pioniera americana della Radio che negli anni Venti ha fondato la prima scuola di tecnica radiofonica, unica donna in un mondo di soli uomini. Un’altra figura da approfondire tra le donne della radio americana è Halloween Martin, annunciatrice di una radio di Chicago del 1929, soprannominata “the girl with the musical voice”, che dopo aver avuto indicazione di dare solo il segnale orario, dalle 7 alle 9 del mattino tra un disco e l’altro iniziò a parlare un po’ di più, inventando di fatto il prime time del mattino in cui raccontava come smacchiare gli abiti dei propri figli e cosa preparare per pranzo.

In Italia Maria Luisa Boncompagni è la prima donna al microfono dell’URI, e sappiamo che ha avuto una carriera di annunciatrice molto più lunga degli esempi precedenti. Nel 1925 veniva lodata sulla copertina del Radiorario come dicitrice “dalla voce chiara, dal timbro armonioso, dalla modulazione perfetta”, ma già nel 1930 l’EIAR volle per il Giornale Radio solo voci maschili, ritenute più autorevoli e credibili perché più simili alla voce del Duce. Il cui potere ipnotico si lega indissolubilmente con le frequenze della radio, portando avanti un modello di “parlato” cadenzato che prevarrà in Radio per tutti gli anni del regime.

L’ascolto delle donne del mezzo Radio

Il punto di partenza è l’analisi degli ascolti TER (totale anno 2019). Il 51,74% della popolazione è donna. Tra coloro che dichiarano di ascoltare la Radio almeno una volta la settimana abbiamo un dato complessivo elevato, ma la quota femminile scende al 48,94%. Già nella copertura più ampia dei 7 giorni abbiamo quindi una prima decrescita. Ma se poi andiamo nel giorno medio, e oltre ad averla ascoltata almeno una volta la settimana chiediamo l’ha ascoltata anche ieri e la risposta è si, scendiamo ulteriormente al 46,67% del totale.

Andiamo poi all’AQH, semplificando il tempo di ascolto, la quota dell’ascolto femminile si riduce ulteriormente, il 42,16%, esplicitato in minuti con una differenza fra i due sessi notevole. I maschi ascoltano mediamente 222 minuti al giorno la Radio, le donne solo 185. In sintesi, man mano che dettagliamo il bacino Radiofonico e andiamo a restringere sulla variabile tempo e frequenza di ascolto, la percentuale di quota femminile scende ed è un dato preoccupante.

E’ opportuno precisare che si tratta comunque di molti milioni di ascoltatrici, e che questa lieve flessione delle donne rispetto agli uomini è speculare a quello che accade in televisione, dove c’è una leggera prevalenze delle donne in ascolto.

I formati Radio e l’ascolto delle donne

Per leggere questi dati e anche per allargare la riflessione alle culture di ascolto del mezzo è forse opportuno chiedersi se la Radio sia o meno un mezzo per le donne, se sia fatta per incontrare il gusto femminile. Ma dato che anche a questa domanda è molto difficile dare delle risposte, è forse utile intanto capire nel nostro panorama quali formati vadano più verso il gusto maschile. Le Radio sportive, le Radio rock e alcune personality Radio come Radio 105. E quali siano più indirizzate a quello femminile. Forse tra i network soltanto Radio Italia.

Questo ci permette di osservare che dal punto di vista editoriale ci sono meno formati aperti al target femminile e che potrebbe essere utile disegnare offerte più indirizzate a quest’ultimo, ma senza sbandierare il progetto in modo esplicito. I tentativi di perimetrare con nettezza il mondo femminile in Italia non sono mai stati accolti favorevolmente e chi ha provato a fare una Radio esplicitamente per le donne, usando un brand come Radio Donna per esempio, di fatto non ha raggiunto i risultati sperati.

Un esempio internazionale citato nel dibattito del Web-Meeting è stato quello di Cadena 100, terza Radio musicale più ascoltata in Spagna, del Gruppo Cope, la cui omonima rete ammiraglia offre informazione e sport. Cadena 100 è invece una Radio pop, su cui è stato fatto un lavoro di restyling che è stato premiato dagli ascolti. Oggi è una Radio fortemente centrata sul pubblico femminile, ma senza una tematizzazione specifica dei contenuti. E’ una Radio per tutti che piace molto alle donne, con una selezione musicale pop e urban, brani sia spagnoli che esteri.

La mobilità e le donne

Tornando ai dati, è anche possibile correlare i valori con alcuni aspetti che riguardano le formule di fruizione del mezzo. La Radio si ascolta tanto in mobilità, e la mobilità è appannaggio di strati sociali più professionalizzati, che usano l’auto nel drive time, al mattino e alla sera, e nei quali c’è ancora una leggera prevalenza maschile. Tanto più si appartiene a questi strati sociali, in cui si trovano maggiormente uomini, tanto più c’è probabilità che si abbia esposizione al mezzo.

In questo senso, scorporando i dati di ascolto per device, si nota come l’autoradio sia prettamente maschile, l’apparecchio Radio femminile e la televisione nettamente femminile. I ⅔ di chi usa la tv per ascoltare la Radio è donna, e non necessariamente casalinga ma appartenente anche ad altri ambiti professionali. Tale indicazione sarebbe in linea con l’idea di un pubblico femminile più stanziale e più domestico, per cui il televisore diventa una piattaforma di accesso alla Radio oltre che ai programmi tv.

In ogni caso, quando si parla di audience femminile e del resto anche quando si parla di audience maschile non si può immaginare un monolite. Serve trovare formule adatte alle diverse tribù, serve cercare il registro giusto per parlare ai diversi segmenti dell’universo femminile. Pensiamo, ad esempio, al registro dell’ironia che forse è più adatto a un pubblico femminile acculturato, che si scontra con il linguaggio “primitivo” di certe trasmissioni goliardiche che piacciono più agli uomini e talvolta infastidiscono le ascoltatrici.

In televisione, questo tipo di segmentazione sulle diverse tribù femminili ha funzionato molto: i numeri non sono eclatanti, ma comunque c’è spazio per Foxlife, che abbraccia un pubblico famigliare, più targettizzato sulle donne, per Real Time, per La Cinque e per La7D, ciascuna con un profilo definito. La Radio potrebbe osare di più, uscire da cliché editoriali ormai vetusti. Come le donne stanno bene tra le 9 e le 12 perché parlano alla casalinga oppure alla sera perchè coccolano l’ascoltatore.

La prospettiva futura della Radio e delle donne

La questione di genere, sia che riguardi l’aspetto dell’accesso alla professione che l’anatomia del pubblico che ascolta la Radio, è un dettaglio rispetto a questioni profonde che riguardano la forza della comunicazione Radiofonica e la centralità della Radio nella vita delle persone nel prossimo futuro. C’è da dire che però gli stereotipi che in passato hanno guidato la scelta delle voci e l’idea di pubblico dall’altra parte hanno contribuito a creare comunque delle diseguaglianze che a tutt’oggi perdurano.

Trasmissioni guidate da donne e dedicate alle donne sono in realtà state molto importanti nella storia della Radio. Hanno dato voce alle donne, a cui nessuno aveva mai dato parola in pubblico. Pensiamo alla Women’s Hour di BBC, o alla FrauenFunk tedesca durante la Repubblica di Weimar. Pensiamo anche a Sala F, programma leggendario prodotto in Rai da Lidia Motta dal 1977 al 1979 e fatto tutto da donne.

Oggi non servono le “riserve indiane”, e bisogna far attenzione a non semplificare la questione presentata in un discorso di “quote”, in una costruzione geometrica delle redazioni e dei canali. Occorre piuttosto riconoscere che, nonostante la legittimazione delle donne nei ruoli professionali sia migliorata, c’è comunque un gap, un divario che va messo in campo, perché la voce delle donne ha comunque disturbato nel tempo. Segnalare uno squilibrio significa accendere l’attenzione verso il rischio di un’offerta squilibrata, che rischia di tagliare fuori qualcuno che invece esiste e di offrire una rappresentazione meno efficace della società.

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