La formula del Web-Meeting sembra piacere, almeno dal numero dei partecipanti e dai commenti degli stessi. E’ un modo circolare di condividere opinioni e idee sulla Radio. Dopo il primo Web-Meeting sui Contenuti Locali dello scorso 28 luglio se ne è svolto un altro il 1° settembre. Questa volta il tema è stato quello della RADIO e i GIOVANI. Tema caldo, peraltro suggerito e richiesto dagli operatori partecipanti al primo evento; anche stavolta un confronto costruttivo.
Decine di presenze dalla Radiofonia pubblica e privata, nazionale e locale, da Nord a Sud. Perfino punte esotiche di partecipazione dal Qatar e dall’Argentina. E anche grandi professionisti del marketing e del commerciale di primarie concessionarie e società di eventi. Il tema e la modalità hanno attratto molte e qualificate persone. Ho chiesto a tutti i partecipanti di poter registrare il Web-Meeting per sintetizzare i temi e i contributi emersi. Permesso accordato!
La fiducia ai giovani
Max Pandini, consulente Radiofonico: “Sono stato assunto a RTL 102.5 come regista e avevo 18 anni. Lavoravo in precedenza in una Radio più piccola come conduttore. Ho dovuto scegliere in mezza giornata tra me stesso e la partecipazione a una grande squadra in cui sarei cresciuto insieme a tutti. Ho scelto convintamente di aderire. Tutto parte da lì. Da una fiducia che si riceve da giovani e che poi deve essere restituita nel rendimento e nel ritorno ad altri”.
Luca Viscardi, station manager di Radio Number One: “La fiducia deve essere anche conquistata. Quando mi presentai giovanissimo in una Radio del lago di Garda per condurre un programma estivo non ebbero il coraggio di dirmi di no e mi dissero che non c’era posto. Tornai a casa per riflettere. Il giorno dopo mi ripresentai e chiesi a che ora cominciavano i programmi in diretta. Risposero alle ore 7. Allora dissi che sarei andato in onda dalle 5 del mattino. E fu così”.
La passione dei giovani per il mezzo Radio
Guglielmo Meregalli, conduttore di Radio Number One: “Ho prestato attività di volontariato presso la Radio Web dell’Ospedale San Gerardo di Monza. Non c’erano influencer o youtuber. E’ stata una esperienza notevole e ho potuto constatare quanti giovani hanno passione per il nostro mezzo. Per la mia tesi ho poi condotto una ricerca e solo il 2% dei giovani ha dichiarato di non ascoltare la Radio”.
Emanuele Campagnolo, progetti tecnici di RTI/Radio Mediaset: “Sono stato uno dei fondatori della Radio del Politecnico di Milano. Quando avevo 19 anni eravamo in tantissimi ad avere la passione per il mezzo e ancora oggi ci sono numerosissimi 19enni che la manifestano. In verità si è un po’ trasformata la passione come pure è cambiato il modo di fare la Radio universitaria”.
Francesco Pinardi, conduttore di RADIO GRP: “La Radio giovane c’è, la passione non manca. Ma mancano, sono poche, Radio veramente e completamente orientate ai giovani, nel contesto e in tutte le piattaforme. Ci vuole forse un po’ di tempo. E ci vogliono anche gli eventi nel territorio come estensione della esperienza di ascolto per i giovani. Servono più pacchetti di coinvolgimento completo”.
Raffaele Masili, station Manager di Radiolina: “La Radio è magia e quando i giovani se ne accorgono se ne innamorano. Dobbiamo stare attenti a non esportare troppa attenzione verso i Social ma piuttosto a importare l’attenzione dalla rete alla Radio. E’ on-air che si concretizza la forza attrattiva del mezzo. Abbiamo una marcia in più. Dobbiamo imparare a comunicarlo in maniera nuova”.
Le Radio giovani esistono e pulsano
Max Pandini: “Deve assolutamente essere sfatato il mito per il quale le Radio giovani non esisterebbero più. Ho visitato in Belgio perfino una emittente di Stato rivolta al target 12-24 anni. Durante il lockdown è stato peraltro raccolto il 36% in più di ascolto”.
Fabrizio Tamburini, ex-station manager di M2O: “Ho dedicato quasi 20 anni alla direzione di una Radio giovane. Peraltro era la Radio giovane per eccellenza sul piano nazionale. Il cane che si morde la coda è che la splendida realtà di ascolto, di M2O e di tutte le altre emittenti giovani in Italia, spesso è smentita dagli stessi addetti alla pubblicità del nostro mezzo e da noi operatori. I dati smentiscono che i giovani non ascoltino la Radio. Basta osservare la realtà”.
Luca Viscardi: “A bilanciare la difesa dei giovani e della loro presenza, fatto indiscutibile, desidero comunque far notare che essi non fanno di tutto per farsi riconoscere, per distinguersi. Non trovo che abbiano portato quelle innovazioni di linguaggio e di modalità che ci si potrebbe e dovrebbe aspettare da loro. Ciò è un aspetto sui cui occorre sicuramente lavorare. Manca uno spunto creativo forte”.
Il falso del non ascolto dei giovani
Claudio Astorri: “Mentre l’ascolto totale della Radio nel giorno medio è di oltre il 65%, quello dei target 14-17 e 18-24 è rispettivamente dell’80 e del 74%. Come si fa a sostenere di fronte a questi dati che i giovani non ascoltano la Radio?
Fabrizio Tamburini: “Invito tutti a combattere la percezione di non ascolto dei giovani che come abbiamo visto non ha basi di fondamento. Vi invito a prendere i dati della loro fruizione elevata e a mostrarli in giro, ad ogni occasione. A prescindere dal fatto che si possa fare meglio, occorre promuovere compiutamente l’idea che la Radio giovane esiste ed è viva. Il pubblico giovane è dentro la Radio. Bisogna convincerne i clienti pubblicitari”.
I miti da sfatare sulle Radio giovani
Max Pandini: “L’emittente pubblica del Belgio sul target 12-24 anni che ho visitato sfida tutti i canoni che abbiamo in mente sulla Radio per i Giovani. E’ una stazione dai ritmi pacati, conduzione quasi su bianco, confezionata anche con notiziari e con musica che qui tratteremmo per un pubblico più adulto. La centratura sul target sta soprattutto nei contenuti affrontati e nelle modalità espressive. L’informazione ha un linguaggio adatto per i 15-18 anni”.
Luca Viscardi: “Abbiamo troppo a lungo pensato qui in Italia che la Radio per i giovani sia semplicemente quella con i BPM un po’ più alzati, con il ritmo più forte. Ci servono più forze fresche e giovani all’interno delle stazioni che ci facciano capire meglio cosa serve al meglio l’audience giovane. Immaginarselo perché pensiamo noi di essere giovani per sempre non è proprio la formula adatta”.
Guglielmo Meregalli: “Tutti pensano che un 17enne pensi solo a TikTok o a Instagram. Non è così. Ho incontrato molti che semplicemente alla Radio portano i loro contenuti della vita a scuola o di altri aspetti delle loro giornate. Tutti stimoli che non possono essere intuiti così chiaramente da un pensiero più adulto”.
Raffaele Masili: “Il mio pensiero è che per comunicare ai giovani non sia necessario essere giovani. Se un adulto non vi riesce deve mettersi in ascolto dei giovani. Semplice.”
I trend e le influenze per le Radio giovani
Peppe Caruso, station manager di Radio Itaca: “Nella nostra programmazione abbiamo anche un programma di Trap italiano, e uno di musica per la Generazione Zeta (per i nati dal 1995 al 2005) con la musica Indie in massima evidenza. Serve anche il reggaeton e sono fondamentali anche altri segmenti musicali, come il k-pop. Il riscontro è evidente, anche nelle manifestazioni in piazza”.
Lello Orso, consulente: “La prima domanda da porsi è cosa ascoltano i giovani. E dall’avvento del Web le cose sono cambiate. La BBC ha un canale giovane e sta puntando molto sul suo iPlayer; la connessione non è con la Radio in sè ma con il brand di stazione. Il fenomeno del podcast non sembra invece contaminare i giovani più di tanto.
Raffaele Masili: “Moltissime emittenti non suonano musica per i giovani. Sta per uscire il nuovo singolo dei BTS, un fenomeno k-pop anche in Italia. Voglio vedere quante stazioni lo suoneranno. Le Radio nazionali sono troppo connesse al main-stream e alla notorietà di artisti già affermati. L’esempio viene anche dal fenomeno Indie. Abbiamo una produzione pazzesca in Italia. Calcutta e Salmo sono arrivati alle Radio nazionali solo dopo anni”.
Claudio Astorri: “Quello che colpisce molto è l’ascolto della Radio da parte dei giovani per device, per tipo di ricevitore. In entrambi i casi, sia nei 14-17 che nei 18-24 anni, subito dopo l’autoradio non c’è lo smartphone bensì il televisore. Occorre pertanto cogliere la diversificazione e non intendere il trend moderno solo in chiave Web perché se ne perderebbe il device principale dopo l’autoradio”.
Emanuele Scatarzi: “Anche i giovani sono divisi, sono ripartiti tra segmenti sociali differenti, occorre operare tutte le necessarie differenziazioni. Peraltro gradiscono anche contaminazioni dalla musica del passato. La generazione Z ha bisogno di tempi più lenti”.
Luca Viscardi: “Confermo la visione della composizione del segmento giovane in sotto-segmenti che dipendono in modo significativo anche dalle influenze musicali che i ragazzi hanno ricevuto dai loro genitori e dalle loro famiglie. Peraltro anche le Radio adulte rivolte ai genitori dovranno stare più attente ai giovani perché diversamente si evidenzieranno forti disappunti da chi è presente e attivo sul sedile posteriore”.
Alessandro Cascianelli, redattore di RGU Radio: “Per noi giovani la Radio è la punta di un iceberg di un lavoro che deve essere fatto anche sugli altri media, i Social in particolare, ma anche Twitch, la nuova televisione di Amazon, YouTube, i podcast e altro ancora. Per colpirci dunque si deve agire in questo modo: avere un metodo prima di comunicarci il prodotto”.
Fernando Cordara, station manager in Argentina: “Da 8 anni dirigo una Radio molto giovane e abbiamo imparato nel tempo anche a rivolgerci loro al meglio. Abbiamo esteso la musica ai segmenti più adatti e soprattutto abbiamo inserito la passione dei conduttori e degli youtuber che hanno aiutato il processo di crescita. Una notazione: serve però sempre qualcuno che guidi i giovani. L’esperienza Radio e di coaching è quindi fondamentale”.
La formazione e le palestre Radiofoniche per i giovani
Emanuele Campagnolo: “Il modello delle Radio universitarie è immenso. Al Politecnico di Milano molti, sia ingegneri che architetti, hanno potuto apprendere, sperimentare e poi trovare un lavoro in Radio”.
Veronica Addazio, station manager di Radio Voce della Speranza, emittente comunitaria: “Siamo un gruppo di stazioni con impostazione evangelica e ci stiamo ponendo il tema di come orientarci al meglio ai giovani. La nostra soluzione passa certamente dai volontari che immettono passione pura e orientamento ai loro coetanei”.
Raffaele Masili: “Certamente un duro colpo almeno in Sardegna alla disponibilità e alla funzionalità di palestre per i giovani si è verificato fino ai primi anni 2000. Le Radio nazionali hanno fatto man bassa di frequenze stimolando molte emittenti locali in FM alla chiusura. Queste avevano costituito dei veri e propri vivai di formazione per i giovani. Occorre compensare con accademie e ambiti in cui si possa favorire il loro approccio con il mondo della Radio”.
Cesare Mario Viacava, CEO di Kinetic Vibe: “Per conto di un cliente della mia agenzia, Malibu, abbiamo cercato i migliori talenti tra tutte le Radio universitarie e li abbiamo condotti su una stazione denominata Radio Malibumbum. In 3 anni sono passati da noi Rocco Hunt, Salmo, Clementino, Il Pagante e altri. Grazie a questa esperienza ho aperto poi una ttività che si occupa di k-pop.
Marco Sanavio, station manager di Radio IUSVE: “Ci sono circa 200 iscritti a RADUNI, l’associazione delle Radio universitarie. Il turnover è fortissimo, di soli circa 6 mesi. A volte le emittenti universitarie riescono a far crescere conduttori che poi entrano in organico nelle emittenti FM. Mi aspetto più opportunità e nuove idee a sostegno degli iscritti”.
Cesare Mario Viacava: “In effetti dalla mia iniziativa web con le università sono approdati poi in FM talenti come Chiara De Pisa, gli Autogol, Gianluca Gazzoli, Pietro Civera e ancora altri. Essendo il loro mentore a questi giovani raccomandavo di comunicare come sanno comunicare. Credo sia stato l’insegnamento migliore. E’ anche la dimostrazione che se si offre l’opportunità nella fucina poi escono ed emergono quelli bravi e che avanzano”.
Cosa non funziona in Italia?
Luca Viscardi: “Le Radio secondo me devono caricarsi dei perché la percezione della fruizione dei giovani sia così negativa e non scaricarla semplicemente all’esterno. Sappiamo che all’estero esistono strutture come il Radio Advertising Bureau degli USA che hanno sempre svolto un lavoro enorme per la promozione e l’immagine del nostro mezzo. Qui e oggi ci manca questo”.
Max Pandini: “Certamente qualcosa non funziona nel nostro Paese. Abbiamo molta meno apertura di quella di un tempo. Guardavamo alle migliori Radio nel mondo e ora siamo tutti più auto-referenziati e guardiamo solo a quello che suona RTL 102.5. La formazione è l’altra parte che si è inceppata. Non funziona, non è adeguata. Non c’è un percorso che sia in grado di offrire anche spessore al contenuto espressivo dei giovani. Preparazione e cultura”.
Fabrizio Tamburini: “Spiace dirlo ma i rappresentanti della Radio in Italia sono troppo spesso anagraficamente con il 6 davanti. Mi riferisco a editori e direttori. E a molti di loro in occasione di un convegno ho chiesto quando era l’ultima volta in cui avevano assunto un giovane nelle loro imprese. Non mi hanno saputo rispondere. L’invecchiamento degli operatori della Radio è un fatto, un problema da risolvere con una certa urgenza”.
Guglielmo Meregalli: “Il problema principale è l’assenza di turnover a favore dei giovani all’interno delle imprese Radiofoniche. A ciò si abbina anche una certa reticenza. Con i giovani si tendono a pensare collocamenti in fasce minori o del fine settimana o a offrire loro attività marginali. E’ inevitabile poi che con il sistema in corto circuito i giovani migliori prendano poi strade professionali differenti da quella della Radio”.
Alessandro Cascianelli: “Nella piccola Umbria in cui lavoro a me sono mancate figure di riferimento. Non ho avuto mentori o personalità di riferimento che avrebbero certamente potuto migliorare e accelerare il mio percorso. Sono mancati i consigli che paradossalmente ho riscontrato di più nel giornalismo che è un mondo più formale di quello della Radio, meno amichevole rispetto a quelli che provano ad entrare”.
Emanuele Scatarzi: “Gli attuali corsi per la conduzione mettono i giovani in condizione di avere una sola impostazione, una sola modalità. Ciò non sviluppa il talento. Meglio metterli davanti a un microfono singolarmente e aiutarli nello sviluppo della loro distintiva e specifica personalità.
Le Radio giovani interessano ai clienti pubblicitari e alle agenzie?
Dario Saccani, responsabile centri media di Mediamond: “Ho lavorato in passato per Manzoni dove avevamo tra i mezzi anche M2O. Una radio giovane con dati di affinità pazzeschi. Una emittente così forte sul target giovane non è così semplice da vendere ai clienti pubblicitari. Trovare delle pianificazioni è un po’ più difficile, se non con delle pianificazioni molto allargate o con dei progetti o iniziative ad hoc”.
Sempre Dario Saccani: “In questo momento abbiamo in Mediamond anche altri strumenti per raggiungere i giovani. C’è un’offerta di digital audio, molto interessante. La Radio ha dunque concorrenza commerciale sul segmento giovane. Non è il media principale che viene preso in considerazione quando si desiderano quei target”.
Max Pandini: “La Radio si è evoluta, i suoi linguaggi pure. Forse non è accaduta la stessa cosa per la forza vendita delle Radio commerciali. Quando parli di Radio giovani a un agente ti risponde subito che no, non si vende. A NRD in Germania trovi però nella forza vendita dei giovani 25enni neo-laureati che operano per vendere la Radio sul digital e ci fanno pure dei soldi. C’è bisogno di dare una grande scossa ai nostri comparti commerciali. Il mondo va’ avanti”.