
Come ogni anno si giunge ai primi di dicembre e nell’agenda della Radio scattano le attività per le iscrizioni all’indagine di ascolto ufficiale dell’anno successivo. Sono giorni segnati dalle riflessioni, o dalle rassegnazioni del caso, per gli Editori Radiofonici e i loro staff e da un’opera frenetica di raccolta delle adesioni per la società organizzatrice. C’è da riconoscere che rispetto al 2017 e al 2018 il Tavolo Editori Radio ha potuto preparare la ricerca nei tempi appropriati e TER 2019 è annunciata in partenza con le rilevazioni di ascolto già per il 15 gennaio, una novità. Nessun cambiamento significativo è annunciato invece per la metodologia dell’indagine. Il termine di iscrizione è quello del 14 dicembre; le richieste di contatto sono da indirizzare a info@tavoloeditoriradio.it.
La mia tesi è che sia auspicabile che tutte le stazioni Radio AM/FM con concessione pubblica o privata, nazionale o locale, commerciale o comunitaria, si iscrivano a TER 2019. La Forza della Radio necessita della più ampia rappresentatività proprio ora, specie in questi momenti di forte competizione commerciale sia sul fronte nazionale che su quello locale dal mondo dei mostri globali del digitale.
La mia tesi non cancella tuttavia le critiche e le perplessità sul senso e sull’operato di TER già qui espresse e che potrebbero anche continuare se non interverranno dei cambiamenti.
E’ stato motivo di costernazione apprendere sin dalla sua prima conferenza stampa che l’obiettivo di TER fosse quello di gestire in autonomia una ricerca proprietaria, escludendo da qualsiasi tipica e logica forma di JIC (Joint Industry Committee) proprio l’UPA, Utenti Pubblicitari Associati, che dei dati di ascolto della Radio è l’utilizzatore principale e più rappresentativo. Dopo i 5 anni dell’interregno privato della ricerca di Radio Monitor si doveva operare per un nuovo coinvolgimento del mondo dei clienti pubblicitari dopo il fallimento di AUDIRADIO e temo che ora si manifesterà l’intervento dell’AGCOM per risolvere il punto.
Il perpetrarsi di una metodologia vecchia e basata in modo unico sul ricordo di ascolto e non su quello reale, attivo o passivo che sia, è motivo di profonda preoccupazione per larga parte dell’emittenza Radiofonica. Gli effetti del Branding sul ricordo di ascolto favoriscono i più forti, quasi sempre i soggetti nazionali e non quelli locali, e qui ci si è espressi con forza sull’evidente squilibrio del sistema già determinatosi e con alcune interviste qualificate a livello internazionale ci si è palesati per l’introduzione progressiva della rilevazione elettronica, proprio a favorire l’equilibrio del dato dell’ascolto reale, un criterio sano e di pari opportunità tra stazioni del mezzo di differenti comparti.
Un altro punto dolente qui espresso sempre su TER poche settimane fa è quello della pubblicazione dei dati nei singoli trimestri per tutte le emittenti, anche quelle più piccole. E’ un modo questo sì sbagliato, demagogico e controproducente di intendere la pari opportunità tra Radio grandi ed emittenti territoriali. E’ palese che le emittenti Radiofoniche abbiano ciascuna dei target di età ben determinati; pertanto fino a che tutte le singole celle socio-demografiche nell’area territoriale della provincia non siano state riempite dal rilevamento degli ascolti e secondo un’affidabilità statistica consona è solo dannoso distribuire dati instabili alle emittenti al di sotto di determinate soglie di ascolto.
Insomma i motivi per cui TER sia discutibile sono molti, eppure si deve aderire alla ricerca 2019. E magari continuare a portare avanti le istanze di identità della stessa e di miglioramento al processo di operatività dell’indagine sia all’interno che all’esterno di quel contesto. C’è da guadagnare a stare fuori da TER, dunque a far sì che la propria emittente non sia rilevata e certificata? Direi che si perde. Un dato non assoluto è infatti meglio di nessun dato.
Prima di tutto senza dati non si partecipa alla possibilità di raccogliere ricavi dalla pubblicità nazionale e sempre più spesso anche da quella areale e locale. In questo momento ci sono concessionarie di pubblicità nazionale sane, non un dato scontato per la storia degli ultimi 10 anni, che si contendono anche l’appartenenza delle Radio locali ai loro circuiti; PRS, RDS ADVERTISING e TEAMRADIO stanno svolgendo un’opera di riqualifica che è complessa ma possibile se le emittenti lavorano per iscriversi e migliorarsi nel tempo nei dati. L’obiezione è spesso che i ricavi di pubblicità siano bassi. Vero. Ma non iscrivendosi e non entrando nei circuiti non c’è la possibilità di crescere nel tempo.
Ci sono dei grandi assenti tra le stazioni Radio dell’ultimo o degli ultimi anni di rilevazioni di ascolto e sarebbe utile per tutta l’industria della Radio che tornassero ad iscriversi adesso sottoponendosi alla ricerca anche con il carico di perplessità e di proposte sull’indagine stessa da parte dei loro Editori, quasi sempre usciti dal consesso per palese sfiducia. Mancano all’appello 2 Radio Nazionali come RADIO MARIA e RADIO RADICALE entrambe iscritte per l’ultima volta nel 2014.

RADIO MARIA è la nota emittente comunitaria, un fenomeno di stazione religiosa in tutto il mondo e non solo in Italia, un’ammiraglia degli ascolti che nel 2014, l’anno della fuoriuscita da Radio Monitor e il suo peggiore, godeva comunque di 3.665.440 ascoltatori settimanali, 1.298.370 giornalieri e una media AQH/24h di 89.890 mediamente sintonizzati. Una grandissima stazione, senza dubbio. AQH Share dell’1,91 sulle 24 ore. In un colpo solo la Radio in Italia ha perso dal 2015 la titolarità di un quasi 2% del suo ascolto complessivo. E di ascoltatori dalle caratteristiche uniche. Certo, in un anno come il 2005, rilevazione AUDIRADIO, RADIO MARIA aveva raggiunto 1.828.700 ascoltatori nel giorno medio e da quell’anno con alti e bassi si era succeduta una certa discesa. Quindi l’esito del 2014 venne accolto al quartier generale come il momento dello stop a una rilevazione con metodologia non propedeutica alla misurazione della realtà. Comprensibile ma triste. Triste anche per me che ero solito presentare in Università e ai Clienti sia per interesse che per piacere la Radio come una Repubblica in cui anche Radio Maria aveva pienamente titolo e rappresentanza al di là dei suoi numeri di ascolto contingenti. Uno sforzo, qualunque esso sia, per riconquistare la fiducia di RADIO MARIA sarebbe un passo in più verso la stessa credibilità del consesso di TER.

Una riflessione simile è da condurre su RADIO RADICALE che, sembra un caso, a sua volta ha interrotto la sua iscrizione alle indagini di ascolto dal 2015. Nell’anno precedente aveva conseguito 1.362.660 ascoltatori settimanali, 244.460 giornalieri e una media AQH/24h di 11.490 mediamente sintonizzati. Nel 2006 e con AUDIRADIO aveva toccato i 545.150 ascoltatori giornalieri e anche in questo caso la perdita progressiva è stata associata dal management dell’emittente con ogni probabilità a questioni metodologiche. RADIO RADICALE è una voce del mezzo, simbolo e promotore di autentiche battaglie civili per i cittadini, la Radio delle dirette dal Parlamento e dai luoghi dove avvengono eventi politici e democratici. Non può mancare ancora dalla fotografia del settore.
Anche nel caso della Radiofonia pubblica le stazioni che mancano all’appello sono due. ISORADIO era mancata dalle rilevazioni ufficiali dopo il 2009, l’anno in cui era crollata sotto la soglia psicologica del 1.000.000 di ascoltatori; appare sconcertante che per i primi 3 anni di Radio Monitor sia stata privata della indagine d’ascolto. Tornata nel 2015 pesava 728.750 ascoltatori nel giorno medio. Per RAI mancano da sempre e per scelta le 2 emissioni locali minori. GR Parlamento e RAI Radio FD5.
E’ sul fronte della Radiofonia locale che certamente si susseguiranno gli appelli più incalzanti. I nomi degli assenti eccellenti sono quelli per Milano di LIFEGATE RADIO (assente dal 2009) e di RADIO LOMBARDIA (mancante dal 2014), emittenti peraltro a copertura regionale più che metropolitana. A Roma manca dal 2014 nientemeno che RADIO RADIO. NBC RETE REGIONE nel Trentino Alto-Adige. Molti sono gli assenti anche in tante città oltre che in aree minori.
Mi è capitato di intercettare inoltre casi di emittenti locali con copertura parziale sulla sola provincia di iscrizione. Occorre valutare con attenzione l’elenco dei comuni serviti e confrontarsi con gli esperti di TER sulla concreta prospettiva di rilevazione nell’area definita. Soprattutto insisto che non sia produttivo rinunciare a priori.
E’ importante che la partecipazione delle stazioni sia il più possibile universale; da ciò dipende anche nel presente e nel futuro la Forza della Radio nella competizione commerciale con i colossi del digitale. E… in bocca al lupo!
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