
Ogni anno cominciando il mio corso di “Teorie e Tecniche della Radio Musicale” al Master in Comunicazione Musicale della Università Cattolica di Milano trovo indispensabile dopo le presentazioni di prammatica tra professore e studenti, al minuto 1 della lezione 1, cominciare subito a condividere il significato preciso della parola Radio. La Radio è un essere vivente ed è una forma di comunicazione tra stazione e individuo cui gli ascoltatori si rivolgono per stabilire un contatto con il/un mondo. E’ un mezzo personale, familiare e attivo. Se non è pulsante, non è Radio. Le esigenze di relazione che la Radio assolve sono in 4 aree di servizio come emerge dalle ricerche motivazionali: Musica, Conduzione, Informazione/Attualità e Interattività. Si tratta di definizioni che provengono da analisi qualitative di GfK Eurisko ma anche di altri istituti.
Altra cosa, altra natura, altro tutto è la fruizione pura e libera della musica con e da qualsiasi device, che potremmo definire come l’auto programmazione da parte dell’individuo in quanto desideroso di ascoltare quel brano o quella specificità in modo diretto e in un preciso istante. Una volta ciò avveniva con Juke-Box pubblici o impianti domestici, con supporti di proprietà o con i frutti provvisori di scambi tra amici e conoscenti di LP, CD, Cassette e altro ancora; oggi se ne può godere nella varietà più incredibile con strumenti digitali assai sofisticati in streaming e anche dal proprio smartphone e da oggetti portatili e tascabili. Certamente la musica oggi è più disponibile e più fruibile che mai grazie al digitale, anche se poi risulta che la monetizzazione più consistente avvenga solo o prevalentemente per chi è in grado di portare il pubblico ai concerti. Ma questo è un altro tema, anche se forse è proprio quello più rilevante per il futuro della musica.
L’ascolto della Radio e la fruizione della musica sono pertanto da sempre su convergenze parallele, come direbbe un abile politico; mai dimenticare tuttavia che a differenza della musica la Radio è un servizio pubblico e gratuito a libero accesso e questo rimane un suo punto di forza straordinario ma anche l’oggetto del desiderio e soprattutto della insaziabile invidia; nel frattempo essa ha oltretutto occupato i medesimi canali digitali che la discografia sempre più spesso impone o cerca di operare a pagamento. Occorre aggiungere che la Radio propriamente detta non è poi così dipendente dalla musica alla quale comunque paga giustamente e profumatamente i diritti poiché la sua funzione sociale e anche emozionale per cui è riconosciuta dal pubblico è “Make people feel better” e usa la musica come un valore strumentale; in questo è ovviamente orientata agli ascoltatori e non ai sempre pressanti desiderata delle case discografiche e della loro industria. Peraltro ci sono Personality Radio basate sulla conduzione (105 e RDJ) e News/Talk/Sport Radio (R24, RR1) fondate sui contenuti informativi e di eventi che dipendono tutte ormai a livello sempre più basso se non già assente dalla musica. E dire che nonostante la differenziazione editoriale con formati progressivamente sempre meno musicali, la Radio comunque rimane il primo mezzo di scoperta di musica nuova.
Il fenomeno a cui si assiste quindi non è la cannibalizzazione del concetto di musica a svantaggio della Radio ma semmai il contrario. E’ il tentativo di scippo della parola Radio da parte di semplici fornitori e distributori di musica. A mio avviso questo è il tema originario e centrale introdotto dal digitale: la auto-certificazione con scasso sul WEB della parola Radio, così ambita da dilettanti sperimentali, sempre utili, ma anche da soggetti della industria della musica che pare vogliano liberarsi dei mediatori Radiofonici o di impossessarne dei comandi se non della credibilità. Quindi assistiamo a milioni di “Web Radio” che sono semplici se non banali “Canali musicali” del tutto inanimati, a Pandora che si definisce “Internet Radio” ma è solo un algoritmo peraltro discutibilissimo, alle Radio di Spotify che sono una espressione di umanità ovviamente sotto zero e lontanissima da qualsiasi idea di essere vivente e a tutta una serie di variegati soprusi tecnicamente comprovabili del valore della parola Radio. Ecco una provocazione. Forse gli editori della Radio propriamente detta e sancita legalmente dalle leggi in tutto il mondo dovrebbero chieder conto ai proprietari dei sistemi digitali della musica i diritti oppure i danni per gli usi impropri della parola Radio, proprio come gli editori della Musica fanno con i Broadcaster stessi per le loro opere? Parità e equità di dignità tra Industrie, sarebbe corretto… no?!?
Dato che l’industria discografica è molto più legata al Potere e anche alle Forze dell’Ordine causando in ciò uno squilibrio della convergenza parallela tra Radio e Musica, la prima deve difendersi da sola con i propri mezzi e poi anche attaccare, ovviamente.
Il primo modo, quello della difesa, a mio avviso è ribadire in ogni luogo e in ogni momento la differenza tra Radio e musica, con i suoi apparenti ma totalmente falsi competitor Radiofonici, i derivati di streaming e di canalizzazione. Il secondo modo, quello dell’attacco, è di sottolineare la forma ibrida della Radio, la sua resilienza, la compresenza analogica e digitale, attraverso la sua comunicazione calda e umanamente presente.
Il punto saliente nel primo modo è la coerenza. Alcuni gruppi Radio anche a livello nazionale sono i primi a distribuire dei semplici sotto-prodotti musicali di specializzazione definendoli “Web Radio”. E’ un boomerang. Osservi i siti delle loro rispettive Radio in FM e conti magari 50 o 60 Conduttori. E magari offrono decine e decine di “Web Radio”. Forse occorrerebbe realizzare un minor numero di canali Web ma tutti condotti sia pure in modi più tenui o rispettosi e atti alla migliore trasmissione di una vera esplorazione o esperienza di ascolto della Musica. Altrimenti iberniamo la Radio nella Musica; lasciamolo fare ad altri, please. Oltre alla conduzione abbiamo come Radiofonici lo strumento della Attualità/Informazione e della Interattività; usiamo anche quelle leve oltre alla Conduzione secondo intelligenza e soprattutto creatività in tutto quello che offriamo in digitale per essere sempre riconosciuti come Radio e come Stazioni.
Segnalo l’esperienza di WHTZ-FM, la nota Z 100 di New York, probabilmente la Contemporary Hit Radio numero 1 al mondo. In digitale c’è Z-100 HD2 (High Definition 2) che è specializzata nelle novità musicali contemporanee che vengono trattate con molti approfondimenti e interviste agli artisti, quasi completamente assenti sul canale principale. In questo caso il canale digitale è una seconda stazione Radio propriamente detta e assolutamente viva.
E poi non manchiamo di far capire al pubblico la differenza tra essere vivente e essere inanimato. Sento programmi Radio in cui si prendono in giro le altre Stazioni, pratica che trovo da sempre deprecabile e indice di stupidità, mentre nessuno si prende gioco di Spotify con i suoi patetici promo-spot, spesso anche pesantemente petulanti, e il suo modo di comunicare da robot, stile centralini telefonici automatizzati. Se proprio dobbiamo usare dei cannoni ironici o comici, amici della Radio, puntiamoli bene… e non generiamo fuoco amico, suvvia… forzaaa…
Il secondo modo, quello dell’attacco, è di sottolineare prima di tutto le nostre aree di presidio, quelle di totale esclusiva, quindi quelle analogiche! Abbiamo il dono dell’interattività, siamo il primo Social Media e peraltro da sempre. Il mezzo mobile per definizione assoluta! Comunichiamo con il pubblico. Ebbene? Ci fosse un conduttore, dico un conduttore, che facesse on-air un po’ di sampling sui device di ascolto dei propri ascoltatori con la dovuta intelligenza accesa. La FM, amici miei, si ascolta anche sugli smartphone! Non lo dice nessuno, diamine! Siamo pazzi! E’ un modo per dimostrare di essere negli avamposti digitali con il nostro sistema distributivo principale, fatto interessantissimo e significativo. Tutti gli Android hanno ormai il Chip-FM aperto, i Windows Phone sono aperti alla FM come a tutto per evidente definizione e ora e a breve il NAB riuscirà a imporre perfino a Apple l’apertura degli iPhone alla FM con il cavallo di Troia della distribuzione pubblica e a libero accesso dei messaggi di emergenza. Quindi sottolineiamo in onda, se occorre perfino menzionando marca e modello (non ci troverei nulla di controproducente se fatto con equilibrio), la modalità di ascolto FM ovunque avvenga anche sugli smartphone! E’ strategico. E’ il nostro unico e inimitabile sistema di servizio pubblico a libero accesso che ne risulta valorizzato!
E poi, per concludere, se siamo ibridi… comunichiamolo bene! Trovo che sia utile occupare le varie piattaforme digitali, talora declinando anche la propria offerta oltre alla condivisione del segnale broadcast principale. DAB, DTT, SKY, SAT, eccetera. Tutto benissimo. Ma se non siamo bravi a comunicare con una certa frequenza tutto ciò commettiamo 2 gravissimi errori con una sola azione. Primo. Ci aspettiamo che la semplice occupazione di digitale porti ascolti, il che è quasi falso. Secondo. Non comunichiamo ai nostri ascoltatori i modi con cui potrebbero vivere al meglio la loro singola esperienza di ascolto, di visione o di interattività, di fatto accendendo il mondo tecnologico intorno a loro. E per un mezzo di comunicazione… non comunicare adeguatamente sé stesso è un discreto problema.
Radiosa giornata!