L’ho sempre percepito dall’interno del mondo della Radio, sin dal 1981: il “weekend” è uno status mentale più degli operatori che del pubblico. Diciamolo chiaramente: siamo dei privilegiati che sono compensati per svolgere un’attività che amano profondamente, sostanzialmente dei viziati, e il fine settimana non rappresenta tanto il riapproprio di energie, il momento della cultura o la possibilità di condividere più tempo con la propria famiglia o i propri affetti ma piuttosto un attestato di merito per cui tutti i migliori non sono in onda oppure non lavorano al sabato e alla domenica. Ed è indispensabile essere in quel club. Non è forse così? Ma la Radio, come servizio pubblico a libero accesso 24/7, può permettersi tali atteggiamenti? E il sabato, in cui lavora il 45% di chi ha un’occupazione, può far parte dell’idea del “weekend”? Siamo sicuri di tutto ciò?

Il pubblico percepisce e non apprezza. Molti “programmifici” inondano l’intero fine settimana di repliche, di best of, di programmi registrati, di voice-track avanzati e di ogni sorta di stratagemma che permetta di essere in onda ma non in diretta; il risultato è che chi è all’ascolto risulta spiazzato dalla Radio che smette di essere un servizio vivente e immediato per scivolare tristemente verso l’idea di un gelido podcast-hangar con l’aggravante di essere sincrono e comunque fuori dal tempo e dal momento.

Conclusa la mia percezione dall’interno del mondo della Radio, con i personali dubbi sul concetto “weekend” e su un certo classismo dall’effetto boomerang, andiamo spediti verso i fatti e verso l’analisi. Abbiamo da poco i dati annuali di TER 2017 che a livello generale e cioè della rilevazione dell’ascolto complessivo possono offrirci molto. E anche i “pesi” e le “curve” dei giorni della settimana.

 

I valori sono espressi in migliaia. AQH sta per quarto d’ora medio sulle 24 ore. TSL è “Time Spent Listening” ovvero la durata media di ascolto di un singolo individuo in minuti giornalieri. Giorno Medio è la rappresentazione degli ascoltatori giornalieri.

Prima domanda: i 34.896.600 ascoltatori del sabato e i 31.477.910 della domenica sono numericamente di “serie B” e meritevoli di una forma di discriminazione?

Seconda domanda: il fatto che vi sia riduzione del TSL così significativa al sabato e alla domenica, dove teoricamente le persone hanno più tempo disponibile, ha forse a che fare con la ridotta offerta editoriale di moltissime delle stazioni Radio proprio nel fine settimana?

A voi le risposte. Ma anche la visione delle curve LUN-VEN, SAB e DOM.

 Il sabato andrebbe assimilato ai giorni settimanali e la domenica non merita quell’abbandono diffuso e di semplice presenza. Sì, la Radio ha margini per crescere, proprio nel “weekend” dove occorre più lavoro.

E le singole stazioni, cominciando dalle Radio nazionali, come si comportano nel “weekend”? Analizziamo le AQH Share che ci indicano la performance, la quota percentuale di ascolto rispetto al totale disponibile.

RTL 102.5 ha nella domenica il giorno con la sua maggiore share che è peraltro più che doppia, ad esempio, di quella di RADIO 105. RADIO DEEJAY, l’altra delle 2 Personality Radio, addirittura crolla già al sabato e finisce sotto il 6% prendendosi più di un punto da RDS e risultando sorpassata anche da RADIO ITALIA all’inizio del “weekend”.

Nel mondo pubblico 2 emittenti hanno le share più elevate proprio nel giorno di domenica: RAI RADIO 1, per lo sport, e ISORADIO, per il servizio di informazioni sulla viabilità.

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