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Ibridizzazione. La parola più abusata e satura del momento. Il significato della ibridizzazione è semplice. La Radio utilizza la sua resilienza e da mezzo dell’Aria, del Broadcast in FM e sul DAB come servizio pubblico a libero accesso, si insinua in simulcasting anche nel mondo digitale IP e ne diventa l’ennesimo occupante, probabilmente il più dinamico. C’è l’opzione anche Visual, ma sempre Radio. Fermi tutti. E’ dall’avvento del WEB e con lo streaming on-line che la Radio è ibrida! Nessuna novità se non nelle estensioni. E perché tanto parlare di ibridizzazione ora?

Perché la storia di successo della Radio-Visione di RTL 102.5 da un lato e la difficoltà della gran parte del mondo televisivo locale dall’altro hanno aperto il mercato della capacità della banda nella TV digitale terreste e satellitare mentre i nuovi device mobili demandano APP. Domanda da porsi: diffondere tutti i propri canali dappertutto? No, non proprio. Facciamoci ora un’altra domanda sul tema dei ricavi pubblicitari: si gioca nella ibridizzazione il futuro commerciale del mezzo Radio a livello locale? No, assolutamente no se è fine a sé stessa.

L’ibridizzazione è solo uno strumento, non l’obiettivo. Non è dal suo semplice e tecnico utilizzo a fini di efficienza di distribuzione e di servizio, scopo pregevole, che passano le crescite dei ricavi pubblicitari o di altra natura che possano aprire a uno sviluppo economico consistente nel futuro della Radio locale.

Mi vengono in mente le tesi dei guru del digitale che sostenevano che l’Industria dei Quotidiani e dei Periodici avrebbe trovato dal WEB le risorse economiche per compensare e almeno pareggiare la caduta libera degli introiti dalla carta stampata. E dunque salvarsi. Tra tutte le fake news degli ultimi 15 anni questa è stata la più grande, è davvero gigantesca, e lo sanno bene quelli che, spesso qualificati professionisti dei contenuti, hanno perso il loro posto di lavoro.

Tornano alla memoria anche le tesi sul digitale televisivo terrestre in Italia; si parlava solo delle grandi opportunità, della diversificazione dei servizi, della cross-medialità (altra parola antica e satura pronunciata per abitudine da manager automatizzati), del brand-bouquet (e qui scappano anche le risate…). In realtà moltissime televisioni locali in tutto questo scenario di possibilità hanno trovato il loro cimitero. Certo, digitale anche quello, almeno è efficiente.

Bene. Possono il WEB per l’Industria dei Quotidiani e dei Periodici e la Cross-Medialità per la televisione locale rappresentare parallelamente quello che la ibridizzazione vorrebbe rappresentare per la Radio, cioè l’inizio della fine?!? Sì, certamente sì, almeno da quanto si legge ma ci dobbiamo opporre e soprattutto strutturare progetti industriali che ne chiariscano con evidenza anche i fortissimi limiti.

Ancora più esplicito. Molti ironizzano sul fatto che i più grandi gruppi Radiofonici locali nel mondo, come iHeartMedia negli U.S.A., siano in grandiose difficoltà. Pochi hanno analizzato i loro business plan. La componente dei ricavi Digital, forse per piacere al Nasdaq o al Dow Jones, è stata valutata semplicemente alle stelle e non è stata per nulla raggiunta negli obiettivi. Non è la Radio AM/FM, è la sua estensione digitale che ha sballato negativamente i risultati! Il Digital che tradisce le attese quando è generato da media comunque esterni al WEB nella genesi. Attenzione…

Rimaniamo negli U.S.A. e apriamoci ora e allo stesso tempo verso la Radio, i media tradizionali e il digital; lo facciamo dal miglior punto di osservazione sul mercato numero 1 al mondo. Grazie a BIA/Kelsey, la fonte in assoluto più autorevole, osserviamo la ripartizione dei ricavi pubblicitari nei mercati locali degli U.S.A.

La sfera di cristallo molto dotata di BIA/Kelsey porta prima di tutto a considerare che i mercati locali che nel 2017 saranno pari a 149 miliardi di dollari USA cresceranno attestandosi nel 2018 a 151,2 con un eccellente e complessivo +5,2%.

La prima valutazione riguarda il rapporto degli investimenti negli U.S.A. tra media tradizionali e digital con i primi che si attesteranno al 65,7% del totale e i secondi al 35,3%. La rivoluzione digitale deve ancora correre molto perfino negli U.S.A. Ci vuole cautela, ancor di più in Italia, a valutare i media tradizionali per spacciati e liquidati; alcuni sono riusciti quasi a farsi abbattere ma altri crescono, come la Radio!

Quali saranno le ripartizioni di quegli incredibili 151,2 miliardi di dollari USA di investimento pubblicitario locale secondo BIA/Kelsey nel 2018? Vediamole nella Top 5 dei media.

  1. Direct Mail, 25,4%.
  2. Televisione Locale, 13,8%.
  3. Mobile, 12,6%
  4. Radio, 10,4% (9,4% on the air e solo 1,0 on line)
  5. Quotidiani, 10,2%

Uno sguardo al dato della Radio degli U.S.A. Qualcuno avrebbe scommesso che dopo 22 anni di streaming della Radio via Web gli investimenti pubblicitari avrebbero rappresentato per la sua componente on-line meno del 10% del totale? E non ci sono problemi di banda o di utilizzo da parte della popolazione. Anche qui ci vuole cautela a proiettare curve ad inclinazione pronunciata con il classico errore di pensare oltretutto che il tempo delle persone sia come tendente a infinito…

Quindi?

Se l’ibridizzazione fosse, come è, solo uno strumento, allora deve essere al servizio di un disegno diverso, già richiamato qui alcune volte; è quello dell’obiettivo, questo sì, della Radio Locale come fulcro degli investimenti locali. Ricordo che riflettiamo originando la discussione dalla Radiofonia Commerciale. E che questo sviluppo è solo per chi si concentri Radiofonicamente (e non con la mente ma con le proprietà…) e sviluppi una forte azione di marketing commerciale sul proprio territorio. Quali condizioni sono necessarie?

  1. Concentrazione. Perché la Radio Locale possa rappresentare un perno del mercato di riferimento non può essere solinga; deve far parte di un gruppo di emittenti, meglio se di proprietà condivisa. I più grandi fatturati in Italia delle Radio locali già ad oggi sono di aziende “group-owner” con mediamente 4-5 emittenti nella loro offerta. Sì, è anche una questione di dimensioni. Infatti gli agenti che rappresentano 4-5 emittenti hanno flessibilità di offerta per vincere la fiducia dei clienti molto più frequentemente; e ai migliori agenti piace così.
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  2. Eventi. La capacità della Radio di muovere i suoi ascoltatori/consumatori attraverso gli eventi è un’altra pre-condizione. Ci sono alcuni piccoli gruppi i cui ricavi dall’attività degli eventi incidono dal 30% al 50% del loro fatturato. Non è una tipologia di servizio che nel mercato locale si possa lasciare ad altri. I clienti pubblicitari delle Radio locali si aspettano anche incontri ed esperienze estese con il pubblico e dovrebbe essere ciò un motivo di rafforzamento della propria funzione di creatrici di eventi di successo.
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  3. Marketing Digitale. Le Radio Locali devono porsi come vere e proprie centrali di marketing prima di nascondersi in qualche angolo digitale della ibridizzazione; devono usare quest’ultima ma in modo selettivo, per funzione specifica e per arricchire il loro patrimonio di ascoltatori/consumatori e soprattutto dei loro dati e utilizzarlo in iniziative coerenti ai valori della loro brand. Ci sono emittenti locali, anche nazionali a dire il vero, che ogni giorno gettano nel cestino le migliaia di messaggi ricevuti in ogni forma e con ogni media e non lavorano alla costituzione di un database finalizzato per azioni di marketing. Dunque non incentivano gli ascoltatori a registrarsi sul proprio sito; e magari si vantano contestualmente delle decine di migliaia di “Mi Piace” alla loro pagina, che piacciono in realtà moltissimo solo a FaceBook, visto che le Radio non la possono propriamente utilizzare a fini commerciali.

Qualche prova di Marketing Digitale, esportabile anche poi nella ibridizzazione? Osservate il colpo di genio di Radio Globo e del suo CEO Bruno Benvenuti con CASH GLOBO e immaginate quanta comunicazione in versioni “transmedia” può essere derivata in più formati e su più media, dalla Visual Radio all’audio su satellite, per promuovere il sito dell’e-commerce locale su Roma più innovativo e più scontato.

Se non portiamo o facciamo funzionare le nostre iniziative, possibilmente fortissime, nella ibridizzazione allora i clienti non ci seguiranno. E loro, la cultura dell’investimento mirato ce l’hanno e ce la richiedono.

E’ il momento dei piani industriali, non di scelte solo tecniche.

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