Il punto di domanda e quello esclamativo esprimono un certo disappunto, una forte perplessità su un percorso 2020 che vede la Radio esprimersi come mezzo nel complesso molto più sul lato del dire che su quello del fare verso il Sociale. Cambio di passo in arrivo?

Siamo un Paese un po’ incartato, letteralmente. Non è un’affermazione politica e tanto meno di una parte o dell’altra dei contendenti. E’ una constatazione oggettiva. Qualunque attività di interazione con lo Stato e le sue emanazioni richiede modulistica da selezione naturale, almeno per pazienza e competenza. Code. Con il rischio di precipizio nei trappoloni. Il cittadino è schiacciato dalla mancata semplificazione di leggi, norme e regolamenti.

Il Paese nella carta è l’eldorado dei suoi burocrati, i veri dominatori della prima e soprattutto della seconda Repubblica. Il loro piacere cresce alle promesse non mantenute o non attuabili. Possiamo contare in cambiamenti? Dipende da noi e dalla capacità di sostenere la cultura del servizio al cittadino che deve essere accompagnata dallo sviluppo digitale, ancora lento in Italia.

La Radio e il Paese

In un Paese imprigionato dalla carta e dalle promesse, fenomeno acuito dall’emergenza da Covid-19 e dalle sue conseguenze, cosa dice e cosa fa la Radio? Che posizione assume rispetto alla burocrazia e al Paese nella carta e nelle promesse? La posizione della Radio non mi soddisfa. Mi sarei aspettato un comportamento più di Story Doing che di Story Telling. Più fatti e meno racconti. Più azioni concrete, meno retorica sterile. Un motore a favore di tutti i cittadini.

Ciò cui abbiamo assistito, e sento il dovere da operatore del settore di condividerlo, è invece una Radio attonita, bloccata, incapace di unire i suoi editori e i suoi operatori per azioni grandi. L’ho già scritto qui. Chiara Ferragni e Fedez da soli e con il solo supporto dei social, hanno battuto tutte le Radio ben 4.000.000 a 0. Hanno raccolto fondi, mettendoci “solo” Euro 100.000, per 4 milioni. E hanno costruito una nuova area di terapia intensiva al San Raffaele di Milano.

I due hanno saputo scrivere una pagina di Story Doing, di cultura del fare nel Paese della carta e delle promesse. La Radio no. La Radio è rimasta tutta avvolta da sé stessa, dal suo modo di essere vicino a chi ascolta ma solo a dovuta distanza, come se avesse una mascherina di protezione verso l’impegno e la concretezza nella realtà. La prova di ciò? L’evento flash-mob “Radio per l’Italia”, la nascita di “Player Editori Radio” e l’iniziativa “I Love My Radio”.

Il concetto di “unità”

La passione degli editori Radiofonici di questo momento è per un concetto di unità. Scrivo un e non il concetto perché si tratta di una unità un po’ singolare. E’ una unità vuota, non carica di temi qualificanti per l’audience e nemmeno per il settore. Pretesti di cagnara, di “bailamme” come si diceva sulla banda CB. Il livello è quello. Occasioni un po’ incestuose di fare qualcosa di diverso insieme ad altri della stessa famiglia nella relativa staticità delle proprie strategie.

“Radio per l’Italia” è figlia di quanto sopra, un evento che si è dimenticato il minuto successivo alla sua conclusione. Un inno d’Italia e 3 canzoni per il pubblico dei cittadini che pur ha sventolato le bandiere dai balconi. Retorica nazionalistica a risposta del dramma della più grave crisi dal Dopoguerra. Story Telling forse un po’ farlocco, altro che solido e consistente Story Doing.

Player Editori Radio

I soci di TER (Tavolo Editori Radio) come è noto hanno creato anche PER (Player Editori Radio). Si tratta di una società finalizzata alla realizzazione dell’aggregatore proprietario del broadcaster pubblico e dei soggetti Radiofonici privati, sia nazionali che locali. E’ la App degli editori Radiofonici uniti per poter raccogliere lo streaming di tutte le emittenti in un solo strumento. D’accordo, idea utile. Ma come si concretizza nell’esperienza dell’utente?

Ricordo che quell’utente, quello che scarica la App RADIOPLAYER, è sempre il cittadino avvolto nella carta di cui sopra e che sogna semplificazioni mentre ascolta solo promesse. E che desidera ricevere più servizi in minor tempo e con massima chiarezza. E’ sempre lui, non altri individui. Tutti questi bisogni insopprimibili e legittimi sono stati soddisfatti dalla nuova App degli Editori Radiofonici?

Temo che siamo di fronte all’ennesimo Story Telling in versione “me la suono e me la canto”. La App è disponibile dal 28 aprile. Ammirevole pubblicarla in pieno Lock-Down ma il cittadino e utente non ha ad oggi un motivo nuovo per sceglierla negli aspetti funzionali. Arriveranno le novità, le innovazioni?

Le innovazioni per l’utente

Perdonate la schiettezza. Quando esce la nuova e fiammante App di PER mi aspetto che spacchi, che segni già al suo esordio un distacco significativo dagli altri aggregatori per poter finalmente narrare qualcosa di Story Doing dell’intero mezzo Radio. Abbiamo fatto così? Non c’è alcun servizio a valore aggiunto, solo streaming peraltro dovendo pure digitare il nome della stazione nella ricerca.

Voglio taggare per località o per formato. Quali sono le Radio di Bergamo? Così magari scopro RADIO ALTA se non la conosco ancora. Mi proponi solo le Radio di formato Dance? Macché. Voglio sapere dove trovo l’informazione locale nel punto in cui mi trovo. Resta un sogno. Voglio l’info-mobilità della Radio più vicina. Nulla di nulla.

Tutte cose che verranno, che saranno implementate nelle prossime release? Siamo in piena linea, direi in perfetta sincronizzazione con gli annunci della burocrazia. Ne siamo parte, forse? Allora siamo dalla parte del problema o della soluzione? Non stiamo dando una differenza di efficienza e di servizio. E stiamo giocando l’immagine di tutta la Radio in Italia per questa montagna che ha partorito un topolino. Nemmeno StoryTelling. E’ solo bla-bla-bla?

I Love My Radio

Dopo due eventi che non hanno impattato la dimensione sociale e di servizio per il nostro cittadino e utente ci riesce almeno il terzo della serie? Possiamo come mezzo raccontare qualcosa che comunichi un fatto, una realizzazione, una capacità di incidere positivamente nella realtà sociale? No, ce la risuoniamo e ce la ricantiamo. Tutte le Radio insieme per far scegliere al cittadino e utente i 45 migliori pezzi dal 1975 ad oggi. E’ Story Telling celebrativo.

Resto un tifoso e operatore della Radio e credo nella capacità delle singole stazioni e dei singoli gruppi. Quando si tratta di progettare e proiettare l’industria della Radio al pubblico e ai clienti percepisco che spesso esca il lato burlone e anche semplicione. Non capisco bene perché. O forse qualche risposta ce l’ho. Non è da gettare il senso di una unità tra gli editori. Ma si dovrà realmente, ripeto realmente, metterla a sistema con il sociale e scrivere delle pagine di Story Doing.

Il mondo è nuovamente cambiato.

[Immagine di copertina: istock.com/Kateryna Kovarzh]

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