La Radio è un mezzo chiaro e molto forte. Un servizio pubblico a libero accesso. Mentre i "guru digitali" cercano di assorbirci, noi che siamo "Aria" sfuggiamo ma sul terreno abbiamo lasciato atti incompiuti che non ci aiutano...

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Pensate alla risposta a questa domanda: quale può essere definibile un servizio pubblico a libero accesso?!? Mumble mumble. La mente corre al trasporto pubblico; no, quello non è a libero accesso, perché sia pur poco ma si deve pagare. Andiamo ancora avanti; quello della RAI, Radiotelevisione Italiana! Se non è servizio pubblico proprio quello, eh? No, non proprio, si paga con il canone nella bolletta elettrica. E allora? La risposta è assai semplice; quelli della Radio e della televisione, comunitaria e commerciale, sono servizi pubblici a libero accesso!

Si tratta di servizi pubblici ricevibili ovunque e senza canone con il vantaggio competitivo per la Radio sulla televisione della mobilità. Facile, no? Riflessione importante? Fondamentale! Ora un test che ciascuno di voi può svolgere. Pensate che il futuro della Radio sia soltanto WEB, che la Connected-Car ucciderà la FM? Si?!? Esito del test: se avete risposto sì, non avete capito alcunché, forse proprio nulla, del significato della parola Radio. E del suo grande successo.

La resilienza della Radio verso il Digitale è davvero proverbiale, e personalmente la vivo con estremo favore sia pure senza aspettative di impatto sulla metrica del business se non a lungo termine; da qui a voler cambiare, assorbire o importare la funzione, i connotati, i tratti distintivi del mezzo Radio rispetto al suo passato, presente e futuro è oggettivamente un’opera omicida o suicida, dipende da chi la commetta. Solo virtualmente, appunto.

La Radio è Aria per definizione

La Radio è Aria, deve essere libera come l’Aria, è trasmissione di immaginazione. La sua straordinaria forza presso il pubblico, testimoniata da migliaia di ricerche tutti i giorni e in tutto il mondo, è di essere una forma di comunicazione personale tra una stazione (una identità di essere vivente) e un individuo. L’ascolto a una Stazione è una forma di accesso e di ingresso a il/un mondo, libero e gratuito. Libero e gratuito.

Ripeto, libero e gratuito. Il mix degli elementi di Musica, Attualità, Conduzione e Interattività curato dai Broadcaster rende la Radio percepibile come tale in pochi attimi mentre i canali musicali, talora pseudo “Web Radio” senza licenza sul termine, sono in realtà senza vita alcuna e svolgono parallelamente e spesso onorevolmente le loro funzioni di auto-programmazione della musica per gli individui. Sono due funzioni compatibili, quella della Radio “Aria” e della “Web Radio”, perfino complementari, ma non assolutamente da confondere tra loro.

La Radio è un bene talmente libero, talmente gratuito, che a qualche vampiro digitale piace moltissimo l’idea di incapsularla, di imbrigliarla dall’Aria verso la Terra, ma quella con direzione inferno, di impossessarsene, di provare a succhiarne i ricavi con i canini ben conficcati per poi venderla nei mercati somministrata in flaconi suadenti etichettati da brand di richiamo. Ma l’ascoltatore, ebbene sì, proprio lui, quello con cui tutti i noi dobbiamo fare i conti, è tutt’altro che stupido. E non spende (ancora) per l’Aria e non vuole spendere nemmeno per l’altra.

Se avete risposto “sì” al test precedente non siete connotati “sic et simpliciter” come dei vampiri digitali; il vostro parere legittimo potrebbe essere semmai il frutto di qualche grave errore dei broadcaster che almeno in Italia, tra i tanti e riconosciuti meriti, hanno anche commesso sbagli imperdonabili. Guardo avanti, cerco sempre di guardare avanti, ma non posso fare a a meno di condividere i pesi ciclopici che portiamo sulle spalle. Molti degli attacchi alla Radio dei vampiri digitali sono frutto diretto o indiretto di 2 punti di debolezza.

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a) Ripartizione delle Frequenze e l’impatto sulla Democraticità

Legge Mammì del 23 agosto 1990, ne stiamo ancora parlando?!? Sì, è il punto di svolta ma anche il punto di fine, se non corretto. La mancata ripartizione delle frequenze ha degli effetti ancora oggi, peraltro sempre più evidenti e sempre più impattanti sul sistema. La radiofonia pubblica e comunitaria non hanno una propria gamma esclusiva, come accade tra gli 88 e i 92 MHz negli USA. Le stazioni Radio RAI si sentono male se non malissimo se non addirittura affatto in alcune aree, così come le stazioni comunitarie tranne la sola Radio Maria.

Soprattutto non c’è nuovo accesso alla FM per gli aspiranti Radiofonici comunitari, sia pure limitato e a bassa potenza. Occorre per loro rilevare (e pagare) una concessione comunitaria esistente e anche l’uso di una frequenza (che sarebbe teoricamente un bene pubblico) sempre a carissimo prezzo; ciò vale per una qualsiasi associazione o università che ambisse a diffondere una sua Radio in FM. Poi si deve anche combattere con i mostri commerciali dei kilowatt che son lì a fianco della propria frequenza. Troppo, decisamente troppo.

Le nuove stazioni a bassa potenza in AM? Per favore, non scherziamo. Così le nuove Radio comunitarie vanno sul Web e ci si disperde con i 10 utenti simultanei della gran parte di quelle emissioni, quando le cose vanno bene o molto bene. Abbiamo in questo modo perso ma anche disperso, noi della Radio, il laboratorio delle idee, il raccordo con il sociale, la palestra dei giovani, la Radio dei nostri atenei ma anche delle istanze specifiche a carattere sociale. Il mezzo non c’è nella rappresentatività e nella pluralità della sua popolazione e delle differenze.

La democraticità è stata distrutta dall’idea “troppo caos per cambiare”; le modalità inerenti la ripartizione delle frequenze, anche se ben prevista dalla legge, sono state giudicate impossibili da superarsi nel totale egoismo dei soggetti e dei loro discutibili diritti conseguiti e senza visione alcuna del futuro della Radio e delle norme europee. Stiamo per interi anni belli fermi e litigiosi, noi Radiofonici commerciali di questo mondo della Radio, anche senza dati di ascolto, ma di pensare alla torta, alla forza del mezzo e non alla nostra fettina non ci arriviamo proprio.

b) Assegnazione delle Frequenze e l’impatto sulla Staticità.

Assegnazione mai realizzata delle Frequenze, concessioni eterne alle Radio FM, automatismi sul DAB, leggi e regolamenti largamente conservativi. Selezione naturale pienamente attuata, legge del più forte ma non del migliore per il pubblico e su un servizio pubblico. I confini del settore appaiono un muro invalicabile che certamente ben protegge la lobby della Radio dalle mire delle TelCo o di altre industrie. Ma… chi ha oggi una concessione commerciale nazionale o locale con annesse frequenze sa che ce l’ha per l’eternità. E’ giusto? Nei Paesi Europei?

Verifichiamo Francia, Germania e Regno Unito, che continuerò nonostante la Brexit a pensare un Paese Europeo. Lì vigono concessioni a tempo di alcuni anni che si rinnovano solo a determinate condizioni di rispetto delle norme e del mercato e c’è spazio regolamentato per l’accesso di nuove proposte e di nuove iniziative in FM. I legislatori di quei 3 Paesi si accertano che, trattandosi di un servizio pubblico a libero accesso, la democraticità e la diversificazione siano valori fondamentali e attuati.

Più che preoccuparci del digitale occorre meditare sulla Radio, sulla sua Democraticità e sulla sua Staticità. Specie in Italia. Poi le altre paure, se ve ne fossero, passano subito.

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