“La FM sta morendo, muore oppure comunque morirà presto”. Quando sento queste affermazioni sorrido ma non mi astengo dal restituire evidenze. Spesso i necrologi sulla Radio della FM provengono proprio dai nativi digitali, persone asintomatiche e con anima digitalizzata cui bisogna rendere la pariglia dei fatti veri. Per il loro stesso e supremo bene, quello della esistenza nella moltitudine umana. E anche per il nostro, visto che il modello di business del Broadcast in FM ha delle metriche sane, oggi come domani, sia per ascoltatori che per clienti.
I dati di TER 2018 sulla fruizione del mezzo dai differenti device ci offrono un quadro in cui l’autoradio, uso esclusivo per più del 55% dell’ascolto totale, cresce molto più ripidamente di smartphone, tablet e PC, che insieme non superano l’8% totale dell’ascolto. La somma dei device digitali è preceduta perfino dal televisore. E’ davvero molto presto per mettere in pensione l’autoradio e la FM. Senza la FM muore la Radio. Subito. E senza la FM non nasce e cresce nemmeno quella digitale, il DAB plus che rappresenta una delle capacità di resilienza più interessanti della Radio.
Forse non è ancora chiaro che l’innovazione tecnologia non spegne la FM e non danneggia la Radio. Il nostro è un servizio a libero accesso. Aria. Libera e gratuita. Si chiama Broadcast. Chiaro? Credo sia pienamente corretto oltre che vincente e consapevole possedere una visione altamente FM-centrica nell’oggi e nel domani eppure aperta alla innovazione, tanto promotrice del DAB plus quanto tempestiva sulle skill di Amazon Echo o di altre piattaforme.
L’intervista a Gianluca Barneschi
La FM avrà valore anche dopo domani? Quanto a lungo? Sono temi di trend molto interessanti che ho pensato di non rivolgere ai soliti saccenti tra i nativi digitali ma a un grande esperto, autentico e vero, in materia di telecomunicazioni, l’avvocato Gianluca Barneschi. Studio a Roma con 2 avvocati e 2 praticanti, 27 corrispondenti in tutta Italia, una esperienza legale più che trentennale e senza pari di supporto alle transazioni di concessioni e frequenze, sempre al servizio di clienti primari a livello nazionale ma anche locale. Un osservatorio vivente sul mercato Radiofonico assolutamente al top.
D – Qual è la situazione di oggi del mercato delle frequenze?
R – Il mercato delle compravendite di impianti radiofonici sta vivendo una fase piuttosto curiosa che sembra aver stravolto i canoni fondamentali della legge della domanda e dell’offerta. Infatti, da un lato si riscontra un’offerta poco flessibile (quindi teoricamente foriera di rialzi dei prezzi); dall’altra un’offerta abbastanza sostenuta, ma sostanzialmente ribassista. Mi spiego.
In molti editori, sia per fattori anagrafici, che per fobie abilmente indotte, l’intenzione di cedere ci sarebbe. Il problema nasce dal conflitto tra le quotazioni di mercato, effettivamente assai inferiori a quelle degli scorsi anni (anche se ormai stabilizzatesi) e le pretese dei potenziali venditori, che dopo decenni di lotte ed investimenti, pretenderebbero risorse per una pensione doratissima.
Il fronte dei compratori
Sul fronte di compratori si insiste ad offerte molto al ribasso. Ciò consegue non solo alla scarsità di risorse da investire, ma anche ad una valutazione tattica basata sul convincimento dell’inesistenza di scarsa o nulla concorrenza.
Ciò è in parte vero e statisticamente ha prodotto una notevole diluizione dei tempi di trattativa. La tendenza degli ultimi mesi evidenzia tuttavia il ritorno di investitori esterni al sistema e i tentativi di espansione territoriale di soggetti di successo. Ciò, evidentemente, se dovesse consolidarsi, modificherebbe il quadro descritto.
Ho riscontrato due altri elementi molto interessanti. Il sempre maggior interesse del mondo della finanza al settore Radiofonico (soprattutto locale). E il consolidarsi di produzioni editoriali decisamente innovative in grado di valorizzare emittenti, fasce orarie e formati. In precedenza negletti e totalmente svincolate dal riferimento ai dati di ascolto.
Frequenze da acquisire
D – Ma esistono ancora frequenze da acquisire?
R – La disponibilità di frequenza in tutte le aree ancora sussiste e in caso di micro aree particolarmente importanti per l’editore esiste sempre la possibilità di attivare nuovi impianti.
D – La concentrazione proprietaria continua? Da incoraggiare?
R – A livello locale secondo me il problema delle concentrazioni di proprietà non è mai esistito e persino il severo legislatore italiano non lo ha mai posto. D’altronde mi pare che ormai, dopo più di 40 anni, il mercato abbia operato le sue selezioni a volte in maniera peculiare. In Abruzzo, ad esempio, 4 tra le principali emittenti hanno sede ad Atessa, cittadina della provincia di Chieti e non nei capoluoghi.
Sarebbe importante che ogni macro-area avesse una bella emittente votata anche all’informazione di servizio per il territorio. Ma anche nella Capitale le emittenti locali ci informano su Trump e Putin, ma non sulle buche, il traffico e quanto accade di rilevante in città.
Il futuro della FM
D – Tornando al tema della FM e della Radio… hanno un futuro?
R – Certo! Ci mancherebbe altro! La Radio ha saputo sopravvivere e continua a prosperare all’avvento della televisione e nemico peggiore non ci poteva essere. Gli editori però dovrebbero comprendere due cose.
Primo. Siamo effettivamente nel XXI° secolo e oltre a fare esternazioni molto smart in pratica si dovrebbero evitare le “ingessature” e le tattiche abitudinarie. Continuando ad inventare e creare come avvenuto (anche se in maniera non totalmente soddisfacente) nei precedenti decenni. Secondo. Aver ben presente che niente sarà come prima, ma il futuro dovrebbe essere bello e Radioso, anche se in maniera diversa.
Le rivoluzioni socio-antropologiche degli ultimi anni sono state superiori a quelle dei precedenti 50 cumulati. Tra qualche anno ce ne renderemo conto compiutamente. In Italia, poi, il periodo dai primi anni ‘80 sino ai primi anni del nuovo millennio, per una serie di fattori anche non commendevoli, sono stati assolutamente irripetibili. Per la facilità con la quale anche soggetti non particolarmente qualificati sono riusciti ad aver successo.
Ciò non ha fatto certo crescere le professionalità, anche perché molti sono stati e sono afflitti dalla “sindrome di re Mida”. Presumendo che la felice e protratta eccezione fosse la regola, non pensando a metter fieno in cascina, non solo a livello economico, ma anche a livello intellettuale, operativo e appunto professionale.
La professionalità e la Radio
Qualcuno ha operato con profitto per decenni abituandosi a credere che la pubblicità non dovesse essere cercata, ma selezionata tra ansiosi questuanti. Che non fossero necessarie professionalità specifiche crescita e creatività sempre maggiori. E che fosse possibile gestire aziende sempre più grandi e complesse con gli amici, gli amici degli amici e qualcuno raccattato in un salottino.
Quando i tempi sono diventati più selettivi c’è stata subita la crisi (personale, non aziendale). Ma, lo ripeto, quanto accaduto sino a qualche anno fa, ha costituito eccezione molto protrattasi, ma sempre eccezione. Valutando con maturità e serietà gli eventi concretizzatisi, è chiarissimo che anche nel settore radiofonico si siano verificati più rilevanti mutamenti negli ultimissimi anni, quanti non se ne erano verificati nei precedenti decenni cumulati. Sono stati mutamenti importanti e positivi per la crescita del sistema e per la sua credibilità.
A questo punto, sta a tutti gli editori essere all’altezza della situazione. La Radio non solo pacificamente è, e sarà il medium più fruibile, ma è anche quello, data l’assenza dell’apporto visuale, nel quale è la creatività a fare la differenza e non i soldi pompati nella produzione.
Il fervore creativo
Mentre una piccola televisione locale non potrà mai far concorrenza in peak time ad una nazionale (che si avvantaggia inesorabilmente dal poter accedere ai grandi eventi sportivi e alle pellicole più nuove e di successo), nella radiofonia ciò non è. Sarebbe giunto il momento che, soprattutto le nuove generazioni, riscoprano il fervore creativo degli anni ’80-’90 e si pongano in seria competizione con chi siede dietro ai microfoni e alle scrivanie da tanto (in alcuni casi: troppo) tempo.
Se i principali conduttori sono sulla sessantina, e, in una trentina di anni, i format peculiari e di successo sono stati così pochi, con lo scopiazzo quale metodo operativo principale, mediamente giostrando all’interno del vieto formato costituito da canzone di successo, inframmezzata con il fatterello buffo pescato da internet, è evidente che qualcosa si è inceppato.
Però ciò in fondo è positivo, perché significa che c’è ancora molto da fare e spazi notevoli per creare ed inventare, nella programmazione, come nel marketing e nella pubblicità (sarebbe l’ora, ad esempio, che i concessionari nazionali di pubblicità delle emittenti locali valorizzassero, in primis a proprio beneficio, le peculiarità dei mezzi rappresentati, in relazione alle singole campagna e viceversa).
Grazie a Gianluca Barneschi. La FM continua e siamo lieti della conferma ma l’attenzione posta dall’ospite sul lato editoriale è assolutamente centrata.