Sono arrivate le sirene della intelligenza artificiale in Radio. Per la voce e per la conduzione. E' Spotify, ovviamente? No, fuoco amico! E usare meglio l'intelligenza naturale nel campo editoriale, in singolo o in team?

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Chiariamolo subito. La tecnologia non è una parentesi, o una cosa che serve poco perché c’è di più o di meglio. L’area tecnologica unitamente a quella editoriale e alla marketing e vendite, in controllo al management dell’impresa Radio, è una delle 3 colonne Radiose di una emittente. Il titolo dell’articolo indica solo che l’area tecnologica può sostituire quella editoriale. A seguire, questa ha l’obiettivo di creare valore presso l’audience per, a sua volta, servire l’area marketing e vendite. Tre aree interallacciate tra di loro e in sequenza. E la tecnologica è uno dei 3 pilastri.

Detto questo in premessa, ricordo che la Radio è un essere vivente, il servizio pubblico a libero accesso #1 per copertura dei target tra i 14 e i 54 anni, come sancito dai dati, e nemmeno poi da pochi anni. Non voglio qui richiamare tutte le ricerche qualitative che attestano queste basi di competenza Radiofonica che potete, se volete, rintracciare nei miei articoli sulla “Forza della Radio”. La dimensione della personalità, sia nella costruzione dell’immagine di stazione che in quella dei suoi conduttori, è un prerequisito essenziale per servire il pubblico e conquistarlo.

Tutto quello che viene realizzato di tecnologico e di tecnico in una Radio, perfino nella stessa schedulazione dei brani, è preliminare a una comunicazione tra stazione e individuo che deve risultare viva e vera. Ripeto, viva e vera. Lo pensavo ben 42 anni fa, quando cominciai tutto il mio percorso in Radio e, fortunatamente, lo penso ancora oggi. E dopo aver implementato in tutti questi anni e come tantissimi colleghi molti semi di tecnologia e di tecnica. Il punto vero sta nella credibilità della relazione con gli ascoltatori che non devono percepire automazione.

L’automazione buona e quella cattiva

La parola automazione, così amata da molti editori perché sinonimo di risparmio di personale e di costi è in realtà il baratro che separa la Radio viva da quella morta. Se l’automazione è utile a creare un piedistallo più alto su cui il talento umano può esprimersi, è buona automazione. Se pensa invece di sostituirlo, è cattiva automazione. Proprio quella che fa pensare che dietro alla Radio ci sia un computer. Solo un esempio: la buona automazione è quella di una regia digitale con funzioni “live assist” evolute mentre quella cattiva è di una rigida, critica in qualsiasi modo.

Perché tanta attenzione a distinguere automazione buona da quella cattiva? Perché Spotify che dichiara la Radio come nemico numero 1 preme sull’acceleratore della automazione con modo spasmodico ma cattivo relativamente alla estensione del talento. Semplicemente non ce l’ha ed è tutto tranne che live. Ritengo che l’offensiva a mio avviso non così pericolosa ma esistente di Spotify ci debba portare a lavorare con maggiore focalizzazione sulla personalità di stazione e della conduzione selezionando i sistemi tecnologici che rappresentano la buona automazione.

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I guru digitali e l’intelligenza artificiale

C’è una strana (e suicida) coincidenza. Coloro i quali all’interno del nostro settore recitano il requiem della fine dell’era broadcast, adducendo la FM come ferro vecchio e amenità simili, sono oggi quelli che professano l’introduzione immediata dell’intelligenza artificiale. Badate bene, a fini di generazione di voci che possano sostituire quelle umane. Conduttori con voci non robotiche ma robotizzate appiattite chissà su quali contenuti scritti o determinati da chi. Siamo all’apoteosi dell’anti-Radio e non perché l’intelligenza artificiale sia argomento taboo.

Prima dell’uso di quella artificiale raccomanderei l’uso della intelligenza propria, la naturale ma solo se disponibile. Forse non si tratta di promuovere automazione che coinvolge la voce e la espressione della conduzione, non ce ne è proprio bisogno; ma di investire in ricerche e nella conoscenza delle esigenze del pubblico per far crescere il proprio servizio e il proprio staff. La intelligenza artificiale forse può essere un diversivo per alcune produzioni minori? Non so voi ma gli ascoltatori e anch’io preferiamo sentire il meteo dalla voce umana di Paolo Corazzon.

Quindi, anziché guardare avanti e analizzare e studiare il pubblico per migliorare la modalità di servirlo nel formato e nei contenuti, c’è chi ci invita a rovistare in una cassetta degli attrezzi di nuova generazione e pescare l’intelligenza artificiale applicata alla voce in Radio. E’ un caso che i promotori, oltre a essere i nefasti predicatori continuativi dell’apocalisse della Broadcast Radio da molti anni hanno le proprie esperienze editoriali a zero se non in un passivo cronico? Non è un caso. A ognuno le proprie conclusioni. Qui si promuove l’intelligenza dei singoli e in team.

Photo Credit: iStock.com/MaksymChechel

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